«Giovanni Battista testimone del Messia»
La seconda catechesi di Avvento in cattedrale sul profeta «voce che grida nel deserto»
TORTONA – Nella terza domenica di Avvento il protagonista è Giovanni il Battista, «l’ultimo dei profeti che ci insegna come si attende il Signore». Il brano del vangelo di Giovanni è stato al centro della seconda catechesi del vescovo che si è tenuta mercoledì 9 dicembre in cattedrale ed è stata seguita da numerosi fedeli grazie alla diretta in streaming sui media diocesani. I versetti evangelici analizzati non descrivono chi è il Battista ma evidenziano l’essenzialità della sua missione che è la testimonianza. Con lui «accade un fatto unico: la profezia viene fatta mentre si sta compiendo e l’agnello di Dio si rivela al popolo di Israele. Non era mai successo prima l’incontro tra profezia e compimento ». L’evangelista racconta il dialogo tra Giovanni e le autorità del giudaismo, i sacerdoti e i leviti che sono giunti da lui per controllare cosa succede. Alle domande incalzanti e ripetute il Battista dà risposte secche e rapide; lui non vuole parlare di sé ma vuole essere «voce di uno che grida nel deserto». Giovanni insiste sul fatto di non essere il Messia, cioè l’unto, il consacrato e nega anche il confronto con Elia, perché «è totalmente preso dal fatto di dare testimonianza a un altro. Rinuncia a essere Elia perché sa che deve dare testimonianza. Dice anche di non essere profeta cioè il nuovo Mosè». «Il Battista – ha aggiunto padre Vittorio – dichiara di essere discepolo di chi annuncia e che riconoscerà al fiume Giordano (“Ecco l’agnello di Dio colui che toglie il peccato del mondo”)».
«Quando chiama Gesù “l’agnello di Dio” c’è una chiara allusione a come il Padre ha pensato il figlio suo, non coi i tratti di una regalità trionfante, che era nell’idea del popolo di Israele e anche dei suoi discepoli». Gesù, infatti, sarà Messia come “agnello immolato condotto al macello”. «Questa rivelazione – ha spiegato Padre Vittorio – sorprende anche il Battista perché non è facile nemmeno per lui accogliere la rivelazione del Messia come servo sofferente che è venuto a farsi carico del peccato per consumarlo». Sarà proprio Giovanni a profetizzare, prima di essere decapitato, la morte di Gesù.
«Noi davanti alla testimonianza possiamo avere due atteggiamenti: quello dei sacerdoti e dei leviti che non ascoltano le risposte perché credono già di averle o quello delle folle che ascoltano la voce che “grida nel deserto”. Bisogna scegliere come stare di fronte al Dio che viene». «Accogliere la testimonianza di Giovanni vuol dire fare nostra la sapienza dell’incarnazione – ha proseguito – il cui pensiero è estraneo ai nostri pensieri e ha il suo culmine nella mor-te in croce di Gesù». L’Avvento, dunque, non è una finta attesa della nascita di Gesù che è già nato ma significa accogliere nel buio della nostra vita quella luce del suo amore per noi e lo stupore di un Dio che per raggiungerci non ha esitato a farsi peccato per liberarci dal peccato». Con quella di ieri sera sono terminate le catechesi ma il cammino di preparazione al Natale prosegue con la Novena al mattino alle ore 7 in cattedrale.
Daniela Catalano