«Nell’unità di intenti c’è speranza»

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Dal 18 al 25 gennaio si celebra la Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani. A parlarne è don Roberto Lovazzano, incaricato diocesano per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso

TORTONA – Dal 18 al 25 gennaio si svolge ogni anno la Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani. Le celebrazioni diocesane, iniziate il 18 gennaio nella chiesa del S. Cuore, si concluderanno lunedì 25 in cattedrale con il Messaggio alle Chiese, alla presenza del vescovo Mons. Viola, di Lucilla Peyrot, pastora della Chiesa Valdometodista di Alessandria e di padre Catalin Aftodor parroco della Chiesa ortodossa rumena di Tortona.

Con don Roberto Lovazzano, parroco del S. Cuore a Tortona e incaricato diocesano per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso, abbiamo affrontato il tema della Settimana dell’Unità: «Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto (Gv 15, 5-9)».

Le parole del vangelo di Giovanni sono quelle che Gesù rivolge ai suoi discepoli prima della sua Passione, in un’ora di incertezza e di preoccupazione per il futuro. La stessa ora che il mondo sta vivendo oggi con il Covid. Che ruolo può avere l’Ecumenismo in questo momento storico?

«Il movimento ecumenico, costituito dagli atteggiamenti e dalle iniziative volte a ricomporre la comunione fraterna tra i cristiani del-le diverse denominazioni è uno dei raggi di speranza e di conforto che brillano nelle tenebre della odierna pandemia del Covid 19.

In questo momento storico, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione e al fenomeno migratorio, si sta verificando, sotto i nostri occhi, una svolta epocale, altamente positiva e promettente: l’incontro e l’avvicinamento di individui e di popoli.

Coloro che prima erano lontani ed estranei ora vivono l’uno accanto all’altro, condividono le stesse angosce e le stesse speranze. Si impone la consapevolezza di “trovar- si tutti sulla stessa barca” in un mare tempestoso. Nessuno può salvarsi da solo. Solo nell’unità di intenti e di sforzi c’è speranza.

Cento anni fa i traguardi raggiunti finora dal movimento per l’unità sarebbero stati inconcepibili.

Il merito spetta al Concilio Vaticano II, ai Papi successivi, agli altri capi religiosi animati da buona volontà e ai fedeli che hanno recepito l’insegnamento sui principi fondamentali dell’unità ecumenica: superamento di pregiudizi, incomprensioni, fraintendimenti, indifferenza e ostilità, tristi eredità del passato; unione senza assorbimento, coesistenza pacifica delle diversità; accoglienza e scambio dei doni che lo Spirito ha seminato negli uni a beneficio anche degli altri».

A che punto è oggi il processo ecumenico?

«Dopo una fase un po’ euforica, quasi che il ripristino dell’unità fosse dietro l’angolo, oggi il movimento è ancora vitale, ma denota anche qualche segno di delusione, di stanchezza e di impazienza.

Le commissioni teologiche miste, occupate per decenni nella ricerca di soluzioni condivise alle divergenze circa fede, dottrina, morale e disciplina, hanno prodotto documenti interessanti, ma la loro ricezione da parte delle gerarchie e del popolo delle varie Chiese risulta gravemente insufficiente.

L’Ecumenismo vissuto alla base ha, così, comprensibilmente, preferito dedicarsi alla collaborazione pratica. Quel che conta è riconoscersi tutti fratelli e lavorare insieme, da subito, per il bene del- l’umanità. Dedicarsi senza indugio, fianco a fianco, alla essenza pratica del Vangelo, la carità, lasciando da parte le teorie che ancora dividono.

In realtà, come osserva il cardinale Kasper, l’ecumenismo della carità e l’ecumenismo della verità non sono uno meno importante dell’altro – «La carità senza la verità è inconsistente. La verità senza la carità è scostante» – ma un tutt’uno inseparabile».

Don Roberto concretamente cosa vuol dire fare ecumenismo? Come lo possiamo fare a livello di comunità e di singoli fedeli?

«Fare ecumenismo concretamente significa riconoscere il fratello cristiano membro come me, grazie al Battesimo, dello stesso Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa: condividere le sue gioie e le sue sof- ferenze, intuire i suoi desideri, prendersi cura dei suoi bisogni, offrirgli una vera e profonda amicizia.

Vedere anzitutto ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio: un dono per me oltre che per il fratello che lo ha ricevuto».

Secondo lei papa Francesco come sta vivendo la dimensione e-cumenica?

«Papa Francesco, senza dubbio, avanza deciso, con la sua determinazione, sulla via ecumenica tracciata dal Concilio Vaticano II e dai suoi predecessori».

Quali sono gli appuntamenti principali che rimangono da celebrare in diocesi per la settimana dell’unità?

«La nostra diocesi, come tutte le diocesi cattoliche italiane e del mondo, ha offerto cordiale e fraterna ospitalità specialmente ai fedeli delle “Chiese sorelle ortodosse”. È accaduto a Tortona, nella mia parrocchia del Sacro Cuore e ora alla chiesa del Loreto, a Voghera e a Stradella. Per la Settimana di preghiera è il MEIC che conduce l’animazione dei vari incontri di preghiera e di riflessione, quest’anno impediti dalle restrizioni sanitarie. Negli anni abbiamo anche intrecciato buoni rapporti con la Chiesa Valdo-Metodista di Alessandria rappresentata dalla Pastora Lucilla Peyrot».

Marco Rezzani

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