Dalla parte di medici e infermieri

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L’inchiesta. Ospedale di Tortona. Il personale sanitario, anche se non si lamenta, sta sopportando un notevole carico di precarietà e da prima dell’emergenza Covid

Dopo le mancate promesse e trascorsi alcuni mesi di silenzio, la pur timida ripresa del confronto istituzionale sull’ospedale di Tortona, tra i vertici ASL Alessandria e la rappresentanza dei sindaci del territorio (Federico Chiodi e Gianni Tagliani), è stata la notizia che, la scorsa settimana, ha assorbito doverosamente tutta l’attenzione.

Non ci è sfuggita, però, la piccola ma significativa polemica, sorta nei medesimi giorni, sfociata in comunicati-stampa, tra la Direzione ASL e la RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria) della stessa ASL. Lasciando la parte tecnica della materia del contendere (ferie non godute, pagamento prestazioni aggiuntive, ecc.) alla sua sede naturale, interessa qui riprendere il tema delle assunzioni e, quindi, sollevare il problema della carenza di personale, che è di tutta l’ASL ma che, a maggior ragione, rileva per il progetto di potenziamento dell’ospedale locale.

Infatti, dopo il depauperamento numerico, conseguente al declassamento e alla destinazione a Covid Hospital, come si recupereranno le risorse umane? In questo momento l’ospedale opera al 50-60% delle sue potenzialità (circa 70 letti occupati su 120 disponibili) e, dunque, si deve pensare che il personale sia stato ridotto in proporzione.

Le figure professionali (medici ed infermieri) che sono state oggetto di trasferimento in altri presidi, torneranno a Tortona? Oppure l’ASL bandirà concorsi ad hoc? Sarà il privato a contribuire “fornendo le competenze attualmente non presenti nell’ospedale”, come si legge nel comunicato post incontro ASL-sindaci?

Si replicherà l’esperienza, triste fin dal nome, dei “gettonisti” (medici a chiamata)? Quella del personale è senza dubbio una questione aperta, anzi spinosa.

Da queste pagine si è levato spesso l’accorato lamento dei Tortonesi per il grande disagio di non potersi più avvalere pienamente del proprio ospedale, ottimamente ristrutturato, ben attrezzato e altrettanto ben gestito. Poco o nulla si è detto del contestuale e non meno grande disagio dei sanitari che vi operano: anche se non si lamentano, stanno sopportando un notevole carico di precarietà, e da ben prima dell’emergenza Covid!

Lo stillicidio di chiusure, aperture, richiusure di reparti, riprese e sospensioni di ambulatori, l’incertezza permanente circa la sua sorte non giovano all’immagine dell’ospedale e soprattutto non sostengono la motivazione né di chi già vi lavora, né di chi potrebbe aspirare a farlo. Se i primi appaiono quasi eroici nella loro silenziosa dedizione, non ci si dovrà meravigliare se dei secondi non si troverà traccia.

Cesare Raviolo

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