Qui è nata la prima vangatrice meccanica

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Angelo Gramegna è stato il fondatore dell’omonima azienda di Broni che ha rivoluzionato il modo di lavorare la terra. Oggi la storia continua con il fratello Valdo, i figli e i nipoti. La fabbrica conta 25 addetti ed esporta in tutto il mondo. Con la voglia di rinnovarsi

Il suo desiderio era che gli agricoltori non avessero più a faticare così tanto nel vangare la terra. Li vedeva quegli uomini, sui crinali di Golferenzo, in Valle Versa, sudare mentre con quello strumento tanto antico, simbolo della fatica, dissodavano i loro vigneti.

Un cruccio nobile che il giovane Angelo Gramegna andava cullando da tempo. E agli inizi degli anni sessanta trovò la soluzione: la prima vangatrice, la prima macchina al mondo pensata per sostituire meccanicamente l’uomo. Con alcuni vantaggi: una velocità molto maggiore con conseguente risparmio di tempo, una potenza costante e soprattutto un alleggerimento della fatica muscolare. Quella prima vangatrice poteva contare su quattro vanghe e veniva posta sul retro dei motocoltivatori, guidati dall’uomo. Nel 1963 un’altra evoluzione: Angelo progetta una nuova vangatrice, con sei vanghe, da collocare sul retro del trattore. Un’autentica svolta epocale nel lavoro agricolo che venne premiata nel 1965 alla Fiera dell’agricoltura di Verona, ottenendo il riconoscimento di “macchina innovativa”.

È da qui che ha mosso i primi passi l’azienda Gramegna, nella quale poi entrarono prima i due fratelli Nando e Valdo – quest’ultimo ancora in prima linea – e poi la seconda generazione formata dai figli. Nata a Santa Maria della Versa, dopo alcuni anni si trasferisce a Broni, in strada Pavese, nella periferia della città.

Da allora, per questa azienda che con fierezza porta in sé i connotati della matrice famigliare, è stato un susseguirsi di nuove produzioni. Dal 1969 vengono costruite anche le zappatrici automatiche per la lavorazione del terreno tra i filari e tra i ceppi delle piante, dotate di speciali sensori che avvisano il conducente del trattore nel caso gli organi rotanti si avvicinino troppo agli ostacoli.

Nel corso degli anni, poi, il “catalogo” si è ampliato ulteriormente con una serie di altre macchine dedicate alle lavorazioni interceppo in vigneti e frutteti quali le trinciasarmenti, i dischi falcianti, le spollonatrici, gli erpici rotanti, riscuotendo ampio successo tra gli utilizzatori e tutto questo si traduce, oggi, in una grande esperienza che consente di offrire sia alle grandi aziende sia a chi coltiva il vigneto o l’orto per pura passione, prodotti di elevata qualità tecnica, in grado di ottenere risultati sorprendenti.

La trinciasarmenti, per esempio, viene ideata nel 1974, andando a risolvere un altro problema dell’agricoltore, quello di smaltire la notevole massa legnosa derivante dalla potatura della vigna o del frutteto. Questa macchina è in grado di sminuzzare il legno lasciato tra i filari o tra le piante che così diventa un arricchimento organico per il terreno stesso.

Ma la storia dei Gramegna è storia di continue invenzioni, capaci di rispondere alle diverse esigenze che di periodo in periodo possono presentarsi, come la “flavescenza dorata” che ogni anno semina qualche vittima tra i filari, mettendo il vignaiuolo nell’esigenza di sostituire di volta in volta le piante. Ecco allora che i Gramegna danno alla luce una vangatrice “scavabuche”, una piccola macchina da montare sul trattore, in grado di infilarsi tra i filari, scavare intorno alla vite morta che viene tolta dal terreno, pronto a ospitare una nuova barbatella. Questo strumento è stato premiato all’Eima (l’esposizione della meccanica agricola) di Bologna per le sue peculiarità d’avanguardia.

Oggi la ditta Gramegna, situata a soli 60 chilometri da Milano, occupa una superficie di 10 mila metri quadrati, di cui 5 mila coperti. Si avvale di un organico di 25 addetti e la presenza di un ricco parco di macchine e impianti nell’area di produzione consente di realizzare quasi tutte le fasi costruttive dei prodotti.

Il mercato cui si rivolge comprende, oltre all’Italia, anche numerosi Paesi esteri con un buon 60% di esportazione: Francia, California, Olanda, Isole Canarie, Polonia, Slovenia, Ungheria. È recente l’avvio di rapporti commerciali con i Paesi africani: Marocco, Nigeria, Sudafrica.

Da notare che è una precisa scelta dell’azienda l’approvvigionamento dei materiali e dei componenti necessari alla realizzazione delle macchine esclusivamente da fornitori nazionali, contribuendo così a sostenere il valore indiscusso del “made in Italy”.

Sempre con un occhio al futuro e con la voglia di “inventare” qualcosa di nuovo. E così Valdo, uno dei tre che nel 1960 diedero il via all’avventura, lungi dal ritenersi in pensione, come Archimede Pitagorico – così lo chiamano i suoi figli – continua a progettare. Sempre con il desiderio originario di evitare fatiche inutili ai lavoratori della terra. Da un suo progetto è nata la “tecnovanga”, commercializzata insieme ad altri strumenti dalla “ValMas”, sorella minore della “Gramegna srl”, dove “Val” sta per Valdo e “Mas” per Massimo, padre e figlio, che si rivolge non solo agli agricoltori amatoriali, ma anche a giardinieri, floricoltori, vivaisti, piccole aziende agricole.

La “tecnovanga” è la nuova versione tecnologica della vanga tradizionale. L’utilizzo è semplicissimo: dopo aver piantato la vanga nel terreno, s’inclina il manico in avanti con un semplice gesto della mano, quindi si tira nuovamente verso di sé. Con questa azione, grazie al punto di leva molto favorevole, si strappa e si solleva il terreno con una minima forza e senza fatica per la schiena. Disponibile con lama di varie forme e anche in versione “a forca”. Pesa 2,9 chilogrammi.

«Non illudiamoci – ci dicono all’uscita dell’azienda – siamo sicuri che l’Archimede di casa nostra starà già pensando a qualcosa di nuovo. Sempre con quell’idea che mosse tutto: aiutare chi quotidianamente fa della terra il suo pane».

Marco Rezzani

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