Ora la denatalità è un problema

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di Maria Pia e Gianni Mussini

Il mondo è cambiato dal 1968, quando Paul Ehrlich metteva in guardia dal pericolo della “bomba demografica”.

Siamo in troppi, diceva, e tutti ripetevano come pappagalli che le risorse del pianeta si esauriranno, che non ci sarà pane per tutti e che l’inquinamento ambientale ci soffocherà: in un crescendo apocalittico che aggiornava le teorie espresse due secoli prima da Thomas Malthus.

Idee che sarebbero state acriticamente riprese dagli editoriali dei nostri massimi quotidiani, trasformandosi in un senso comune che dimenticava per esempio come i grandi momenti di sviluppo della civiltà umana si siano verificati in situazioni di aumento delle nascite, e viceversa. E che in una situazione di sviluppo è proprio il benessere a garantire un sano equilibrio demografico.

È pur vero che in Italia certe posizioni neomalthusiane reagivano alla politica del fascismo (con la retorica del numero che fa la forza e degli “otto milioni di baionette”) e magari alle posizioni della Chiesa, attente al messaggio biblico dell’«andate e moltiplicatevi».

Fatto sta che – a distanza di pochi decenni – le cose in Occidente, e in Italia in particolare, si sono ribaltate: gli stessi giornali che inneggiavano a Malthus scoprono ora il grave problema della denatalità.

Gianni e Maria Pia sono abbastanza vecchi per avere toccato con mano queste contraddizioni anche un po’ comiche, ma sono ancora abbastanza giovani per entusiasmarsi dinanzi a un bambino che nasce (con l’arrivo della nipotina Miriam hanno guadagnato qualche anno di vita!).

E hanno visto che ciascuno dei loro tre figli ha portato, come recita il proverbio, un “fagottino” fatto di nuove esperienze, talenti acquisiti, energia positiva.

A livello socioeconomico, poi, lo sanno tutti che il declino del nostro Paese deriva in parte proprio dalla mancanza di consumatori e, forse ancora di più, dalla mancanza di energie giovani disposte a inventare e mettersi in gioco, come succedeva nei magici anni Cinquanta.

Eppure sul lavoro esistono ancora discriminazioni illecite nei confronti delle donne incinte.

E nella mentalità comune è ancora avvertita come un pericolo, o un disagio, la gravidanza: quelle due parole «sono incinta» non aprono porte ma, piuttosto, le chiudono.

Il tema è avvertito anche a livello mondiale, se è vero che la scrittrice americana Heather Bolen ha avanzato la proposta di includere nel curriculum lavorativo anche le competenze acquisite occupandosi della famiglia.

La bella notizia è che Linkedln, il social network che si occupa del mercato del lavoro, ha accettato la proposta: un ottimo inizio per un argomento su cui torneremo.

cantiamolavita@katamail.com

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