«La nostra forza è la diocesanità»

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Domenica 13 giugno cadrà il 125° anniversario del nostro giornale. Celebriamo questo compleanno insieme ai lettori e a Mons. Pier Giorgio Pruzzi, direttore dal 1998 al 2019, che ha traghettato Il Popolo nel terzo millennio

Mons. Pier Giorgio Pruzzi, già vicario generale della Diocesi, è stato colui che in epoca recente ha rilanciato Il Popolo, traghettando il settimanale nel terzo millennio e facendo accrescere la sua autorevolezza nel panorama dei media locali. Direttore responsabile dal 1998 al 2019, prima di Matteo Colombo, ha di fatto scritto gli ultimi, importanti capitoli di una storia più che centenaria.

Don Giorgio, quali sono stati i primi obiettivi che si è posto al momento del suo arrivo alla direzione del settimanale diocesano?

«Al momento della mia nomina a direttore del settimanale ho trovato Il Popolo che veniva pubblicato in tre edizioni differenti: Il Popolo Dertonino, Il Popolo di Novi e Il Popolo dell’Oltrepò. Il mio primo obiettivo è stato quello di far tornare Il Popolo ad essere il giornale della Diocesi, unificando le tre testate in una sola.

Nella nuova idea di giornale, le notizie della vita della Chiesa, ben identificabili, davano il tono a tutto il foglio e precedevano le cronache locali che avevano tre testatine differenti: prima l’Oltrepò poi Tortona e Novi; questo perché l’Oltrepò rappresenta più di metà del territorio diocesano con caratteristiche culturali, sociali ed economiche differenti rispetto alle altre due macro-zone. Si è scelto da subito di evitare la cronaca nera e di valorizzare molto le realtà locali, coinvolgendo le diverse associazioni presenti. Tutto questo in un contesto storico in cui si iniziava ad assistere a uno spopolamento dei borghi rurali in tutte e tre le zone, con la popolazione che sceglieva sempre più di trasferirsi nei paesi più grandi.

Tra le novità di quegli anni un posto di rilievo lo occupa senza dubbio la nascita della pagina “Dall’Antola al Po”, una sorta di contenitore di notizie non legate esclusivamente a un determinato territorio, ma che potevano interessare ad esempio sia gli abitanti di Torriglia, sia quelli di Stradella. Non solo news di carattere ecclesiale, ma anche civile e laico che in alcuni casi diventavano modello per tutti. E poi molto spazio alla cultura, con particolare attenzione alla memoria storica. Lo ripete sempre anche Papa Francesco: se fai seccare le radici nessuna pianta può crescere. Una Diocesi come la nostra, che nel 300 d.C. era già entrata nella storia, non può dimenticare il suo passato. Una memoria storica che non fosse ferma al passato, ma proiettata al futuro e ben ancorata nel presente».

Tutto ciò ha portato autorevolezza al giornale.

«Certamente. In più occasioni abbiamo sperimentato che il settimanale a livello di istituzioni è letto ed apprezzato. In questi anni è mancato un po’ l’apporto delle parrocchie in quanto i sacerdoti sono pochi e oberati da tanto lavoro. Ma il giornale è cresciuto».

Come è avvenuta la sua nomina a direttore?

«Siamo nel 1998. L’allora direttore mons. Pier Giovanni Agnes si ammala. Agnes si avvaleva della preziosa collaborazione di don Ernesto Vercesi, l’“uomo del fare”, sempre di casa in tipografia a costruire le pagine di settimana in settimana. Don Agnes, sacerdote molto intelligente e capace, curava soprattutto l’articolo di fondo dove trattava argomenti a livello nazionale, sia politici sia ecclesiali. Don Vercesi era più addentro alla realtà locale. Non dimentichiamo che don Agnes era anche parroco di Pozzolo Formigaro. Purtroppo di lì a pochi mesi anche Vercesi si ammala.

C’era la redazione di Novi ben organizzata che faceva capo ad Agnes. Poi c’era una redazione a Tortona e qui bisogna dire grazie a don Luigi Quaglini che era punto di riferimento, mentre in redazione a Voghera c’era don Ernesto.

Don Agnes muore. A quel punto viene richiamato mons. Lorenzo Ferrarazzo, già direttore del Popolo, ma ormai lontano dal mondo della carta stampata da molto tempo. Intanto il Vescovo Mons. Martino Canessa e il Vicario generale mons. Pino Viano mi sono venuti a cercare, proponendomi di assumere la direzione. Io ero un accanito lettore di giornali.

Nelle settimane successive ho intrapreso la pratica per ottenere il tesserino dell’ordine dei pubblicisti, condizione indispensabile per la direzione, e così sono diventato direttore del settimanale».

Quale situazione ha trovato?

«Come detto in precedenza, le testate erano tre. L’impaginazione era varia. Erano definiti gli spazi per la Chiesa, per la cultura e poi ogni edizione cercava di mettere in prima pagina la notizia che era ritenuta più importante per il territorio. Le tre edizioni erano caratterizzate anche politicamente. Erano gli anni del post concilio e le tematiche ecclesiali avevano risonanze molto diverse in base ai territori. Nel Novese il mondo cattolico faceva riferimento a “Il Regno”, a Tortona convivevano varie anime, in Oltrepò il giornale era caratterizzato dalle politiche del mondo contadino, la Coldiretti, l’universo delle cantine sociali. La prima esigenza è stata quella di rilanciare il settimanale e in una realtà così differente, in un mondo così sfilacciato sia politicamente, sia per diversità di interessi economici, bisognava trovare il punto in comune: la diocesanità. Che cosa avevano in comune queste tre zone se non l’appartenenza alla diocesi di Tortona, ancora sentita da molti fedeli e lettori?

Nel frattempo si è andata formando una nuova squadra di collaboratori che mi hanno aiutato a dare una conseguenza giornalistica a questa idea di foglio diocesano. Mi sia permesso fare i nomi di quelli che per vent’anni hanno lavorato con me: Matteo Colombo, Daniela Catalano, Marco Rezzani».

Il Popolo ha cambiato pelle.

«Abbiamo ripreso la testata unica, facendo un giornale unico, con la vecchia testata voluta da mons. Igino Bandi, addirittura con gli stessi caratteri tipografici.

Successivamente abbiamo scelto l’impaginazione ispirandoci a una esperienza simile alla nostra, quella del Quotidiano Nazionale che riunisce Il Giorno, il Resto del Carlino e La Nazione. Per questa fase devo ringraziare Luisa Iotti che ha messo a disposizione la sua passione e la sua professionalità. Le pagine della Chiesa sono state poste a servizio della pastorale diocesana, degli uffici di Curia, delle comunità pastorali e delle singole parrocchie, dei movimenti diocesani quali l’Oftal, il Rinnovamento nello Spirito, i Focolari e di tutto il mondo dell’associazionismo religioso e laico. Abbiamo scelto di non dare spazio alla cronaca nera e alle vicende interne alle organizzazioni politiche. Parlando del territorio abbiamo sempre fatto riferimento alle istituzioni, nel rispetto della vera democrazia. Quando scriviamo di un sindaco non pensiamo all’eventuale tessera di partito che porta in tasca, ma alla maggioranza dei cittadini che l’ha voluto in quel posto. Parlando di territorio abbiamo messo in evidenza le potenzialità che una certa zona può esprimere. Ecco perché, ad esempio, abbiamo dato voce alle Pro Loco che sono un’espressione popolare. Abbiamo, inoltre, scelto di gestire in proprio la pubblicità, non affidandoci a intermediari esterni. La mia gratitudine va anche alla Tipografia “Tipolito MCM” di Voghera e in particolare a Ruggero Corti. Senza di lui, senza la sua conoscenza del mestiere, Il Popolo non avrebbe potuto continuare a vivere».

Infine un augurio per il futuro.

«Continuare a costruire il futuro con i piedi ben piantati nel passato e ben ancorati al presente».

Daniela Catalano e Marco Rezzani

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