Come si diventa marito e moglie al tempo del Covid

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Famiglia. Con la pandemia il numero dei matrimoni è crollato. Ma ci sono coppie che hanno deciso comunque di sposarsi. Come Carlo e Melina e Pietro e Beatrice

Il Covid ha cambiato la vita e le abitudini di tutti, stravolgendo la nostra quotidianità. A pagare un caro prezzo per il lockdown e il distanziamento sono stati i matrimoni che già non godevano di buonissima salute. Secondo l’Istat la pandemia ha fatto diminuire matrimoni e unioni civili e anche separazioni e divorzi, come emerge dal report pubblicato a inizio 2021. Nel secondo trimestre del 2020, proprio per via delle restrizioni, si è registrata una diminuzione delle nozze di circa l’80% rispetto allo stesso periodo del 2019.

Eppure, nonostante le difficoltà, non tutto è perduto. E tanti sono i giovani che hanno sfidato – o lo stanno per fare – l’emergenza sanitaria per coronare il loro sogno d’amore. Noi abbiamo incontrato due coppie “speciali” della nostra Diocesi.

Carlo e Pietro Zeme sono due fratelli di Castelnuovo Scrivia che hanno scelto proprio questo “particolare” 2021 per sposarsi.

A distanza di pochi mesi uno dall’altro, hanno pronunciato entrambi il loro «sì» davanti a Dio, pronti a diventare una cosa sola con le loro spose.

Alle due coppie abbiamo rivolto alcune domande.

Carlo Zeme e Melina Zerbo

Carlo ha sposato Melina Zerbo. Lui 27, lei 26 anni, sono convolati a nozze esattamente 2 mesi fa, il 22 maggio, nella basilica della Madonna della Guardia di Tortona, città dove vivono. Melina, originaria di Stazzano è insegnante di Scuola Primaria, mentre il marito è conduttore e autore di programmi a Radio PNR, l’emittente diocesana, e venditore presso un centro commerciale della zona.

Come vi siete conosciuti?

«Ci siamo conosciuti a ottobre del 2018 nel Seminario diocesano di Tortona, durante gli incontri organizzati dalla Pastorale Giovanile in occasione del Sinodo dei Giovani. Da subito abbiamo cercato di approfondire e vivere insieme le nostre scelte di fede e per questo il matrimonio in chiesa è sempre stato nei nostri progetti».

Il Covid ha condizionato la vostra scelta della data delle nozze?

«Il Covid non ha avuto nessun peso nella scelta della data. Abbiamo scelto il 22 maggio guardando il calendario, perché la data ci ha “attirato”, essendo il giorno della festa di santa Rita da Cascia. Abbiamo pensato subito di poterci affidare a lei nella preparazione del nostro matrimonio. Da quel momento abbiamo anche iniziato a conoscerla meglio e nell’estate del 2020 siamo anche stati a Cascia per affidarle il nostro progetto che iniziava a prendere forma. Nonostante la situazione che nei mesi scorsi era spesso incerta, non ci siamo mai mossi da quella data, avendo come unica certezza che quel giorno ci saremmo sposati».

Organizzare una cerimonia in pieno lockdown è stato difficile? Avete dovuto rinunciare a qualcosa?

«È innegabile che c’è stata qualche difficoltà logistica nell’organizzazione, soprattutto legata all’incertezza della situazione a maggio. Abbiamo deciso di sposarci nel santuario di Tortona perché più grande della chiesa scelta all’inizio, perché ciò permetteva a tutti di prendere parte alla celebrazione. Moltissime persone ci hanno aiutato adattandosi alla situazione. In particolare il coro che ha provato i canti solo due settimane prima, quando è stato possibile riunirsi per fare le prove. Abbiamo dovuto rinunciare ai “grandi numeri” della festa, perché le regole ancora non consentivano di fare banchetti e ricevimenti, ma abbiamo trovato ugualmente un modo originale e sicuro per condividere con tutti la gioia di quel giorno».

Che cosa vi ha colpito di più durante l’organizzazione delle nozze?

«Nella preparazione il momento che ci ha colpito ed emozionato di più è stato quando siamo andati a fare i documenti per le pubblicazioni di matrimonio. Le domande ci hanno colto un po’ di sorpresa, ma forse per la prima volta abbiamo preso coscienza di quello che stavamo per fare e della grandezza e della potenza del sacramento matrimoniale. Se potessimo tornare indietro, ci piacerebbe fare il corso prematrimoniale in presenza poiché, a causa delle restrizioni, lo abbiamo fatto interamente online e questo ci ha impedito di conoscere meglio gli altri partecipanti».

Perchè avete scelto di sposarvi in chiesa?

«La scelta di sposarci in chiesa è stata dettata dal percorso fatto insieme come coppia, ma anche nelle nostre famiglie e nella comunità. Da sempre entrambi siamo immersi nella vita delle nostre parrocchie e da quando ci siamo conosciuti abbiamo cercato di condividere il nostro percorso. Il matrimonio cristiano è stata la risposta alla “vocazione” che sentivamo nostra: provare ad amarci e ad amare di un amore speciale illuminati dalla grazia ricevuta nel sacramento. Il corso prematrimoniale è stato un prezioso aiuto in un momento in cui ci si pongono molte domande, ma soprattutto si rischia di essere travolti dall’organizzazione. Ci ha aiutato a rimanere focalizzati sulla centralità e l’essenzialità del sacramento e ci ha fornito bellissimi esempi di vita matrimoniale cristiana, grazie alle coppie che ci hanno accompagnato».

Un bilancio a due mesi dalle nozze?

«Sicuramente è molto bello il prendersi cura l’uno dell’altro, anche nelle piccole cose quotidiane, come il ritrovarsi la sera per cenare, al rientro dalla giornata di lavoro. Piccole bellissime novità che ci stanno facendo assaporare la nuova vita insieme sotto lo stesso tetto».

La vostra famiglia come sarà?

«Siamo aperti al dono della vita e a tutti i doni che Dio vorrà farci. Abbiamo il desiderio che la nostra sia una casa sempre aperta e accogliente e che ciascuno possa trovare il suo posto, il suo spazio, una parola o un piatto da condividere. All’offertorio durante la celebrazione abbiamo portato uno sgabellino, segno proprio di questo posto che ci sarà sempre per chi arriverà a bussare».

Carlo per te sposarti nello stesso anno di tuo fratello è un caso o una scelta?

«È stato un caso. Entrambi abbiamo sentito il desiderio di portare avanti il progetto di costruire una nuova famiglia e il fatto che sia successo nello stesso periodo non ci è stato di ostacolo, anzi ci ha unito nel cammino di preparazione condiviso».

Pietro Zeme e Beatrice Sambusiti

Pietro, il fratello di Carlo, ha 30 anni e la sua fidanzata Beatrice Sambusiti, 32. Lui lavora presso il Servizio Finanziario del Comune di Binasco e lei, originaria di Brugherio, dove vive, è impiegata all’IKEA nell’ambito del post vendita. Si sposeranno proprio a Brugherio sabato 28 agosto e lì vivranno. Entrambi, però, manterranno i legami con le loro comunità d’origine.

Quando avete scelto la data delle nozze?

«Abbiamo deciso di sposarci a gennaio di quest’anno, nel breve periodo di ottimismo segnato dal calo dei contagi e dall’inizio della campagna vaccinale. Eravamo pronti all’idea di sposarci durante i giorni feriali, in quanto sapevamo che la maggior parte dei matrimoni previsti per il 2020 sono stati rimandati al 2021 ma, inaspettatamente, abbiamo trovato posto proprio di sabato ed è stata per noi una bella sorpresa».

Le difficoltà per organizzare la cerimonia?

«Nel nostro caso non abbiamo riscontrato particolari difficoltà perché la pandemia non ci ha colto di sorpresa. Eravamo ben consci di quello che avremmo potuto organizzare e di quello cui avremmo dovuto rinunciare. Fortunatamente la chiesa di san Carlo a Brugherio è spaziosa e può contenere un numero elevato di persone. Anche per la location abbiamo optato per una struttura che possa ospitare più persone rispetto agli invitati. Nel frattempo teniamo sotto controllo le regole e a ridosso della data dell’evento faremo il punto della situazione. Brugherio, che si trova nella diocesi di Milano, ha le stesse regole della diocesi tortonese per le celebrazioni dei matrimoni. Molto probabilmente ci saremmo sposati anche senza avere la possibilità di festeggiare perché la priorità, in questo momento, è dare concretezza al nostro futuro. Avremmo rimandato la festa a un momento migliore perché crediamo che sia giusto e bello condividere una grande gioia con chi ci è accanto e ci vuole bene».

Durante il corso prematrimoniale avete ascoltato testimonianze di altre coppie che hanno dovuto rivedere i loro programmi?

«Abbiamo frequentato il corso prematrimoniale a Brugherio con altre 10 coppie. Prima della pandemia c’era una media di 20/25 coppie a sessione. Conosciamo due coppie di amici che hanno dovuto posticipare il loro matrimonio previsto nell’estate del 2020 e il cambio di programma non è stato semplice da gestire per tutti gli aspetti organizzativi correlati. Nessuno, però, ha rinunciato a sposarsi».

Creare una famiglia in questo momento storico vi spaventa?

«No. Non siamo spaventati perché ci rendiamo conto delle fortune che abbiamo nel vivere nella parte del mondo più tutelata. Ci sarebbero sicuramente tanti aspetti da migliorare, ma non possiamo dire che affrontare questo passo sia un salto nel vuoto».

Che cosa vi attrae di più del matrimonio cristiano?

«Abbiamo entrambi frequentato le comunità cristiane della nostra realtà di appartenenza fin da bambini. Crescendo, la scelta è stata sicuramente più consapevole. Ci attrae la consapevolezza di non compiere un passo importante in due ma di farlo insieme al Signore che da sempre è nella nostra vita. Ci hanno colpito alcune testimonianze di coppie che hanno messo Gesù al centro della loro esistenza».

Perché consigliereste a una coppia di sposarsi?

«Crediamo che per fare questo passo occorra essere convinti della scelta che si sta per compiere. Se la titubanza è legata solamente alle restrizioni della pandemia, suggeriamo di guardare all’essenzialità».

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