«Youns faceva parte della schiera degli invisibili di Voghera»
La parola al Centro di Ascolto della Caritas di Voghera: la responsabile, Alessia Cacocciola, traccia la “mappa” del disagio sociale e psichico nella comunità
Dopo il tragico omicidio del marocchino Youns El Boussetaoui in piazza Meardi abbiamo chiesto ad Alessia Cacocciola (nella foto), responsabile del Centro di Ascolto della Caritas di Voghera, di tracciare una “mappa” delle situazioni di disagio “sociale” in città.
«Noi non conoscevamo Youns El Boussetaoui e nessuno ci aveva mai parlato di lui. Non ha mai fatto richiesta per dormire in asilo notturno o accedere alla mensa. Situazioni simili, però, ne abbiamo incontrate tante. Ciò che fa la differenza per noi è che la persona chieda di essere aiutata e quindi si rivolga ai nostri servizi per un aggancio, siano essi gli asili notturni o la mensa, non è indispensabile che venga direttamente al Centro d’Ascolto. L’accompagnamento che proponiamo scaturisce quasi sempre da un’attivazione da parte della persona stessa. Anche solo un accesso a uno dei nostri servizi può diventare un ottimo punto di partenza per una segnalazione da parte dei nostri operatori o dei nostri volontari. Ormai sempre più spesso il disagio psichico e il disagio sociale si intrecciano e viaggiano di pari passo ed è molto difficile capire quale dei due stia all’origine dell’altro. Tra i destinatari dei nostri servizi il vero problema non sta nella nazionalità, ma nei disturbi psichiatrici. Negli ultimi anni, proprio fra chi conduce una vita ai margini, lontano dalla famiglia, senza una casa o un lavoro, abbiamo registrato un fortissimo aumento di questo disagio, soprattutto fra le donne. A quel punto, ci attiviamo per segnalare la persona al servizio competente, ma non sempre avviene un accompagnamento tempestivo. Spesso occorre tempo e la mancanza di una residenza rappresenta un grave ostacolo».
Dal vostro punto di osservazione come si rapportano i vogheresi con gli stranieri?
«Forse sarebbe più opportuno parlare di rapporto con il diverso, con ciò che non si conosce. Purtroppo a Voghera non si respira un’aria di forte apertura e partecipazione, vuoi anche per la mancanza di un’Università e di una larga fetta di giovani che iniziano proprio in ambito accademico a formarsi una coscienza critica fatta di passione e partecipazione. Voghera si sostiene grazie alla presenza di una fitta rete di associazioni che si spendono in azioni di solidarietà di vario genere, sia a favore degli stranieri, sia a favore della disabilità o di altre fragilità.
Penso all’associazione “Insieme” che forse, più di tutte, si è spesa a favore dell’integrazione degli stranieri presenti in città, favorendo la nascita di una realtà associativa rumena, di “Dimbalente” che raggruppa i senegalesi e infine della nutrita Comunità islamica vogherese. Penso anche allo Sportello Stranieri del Comune affidato da anni alla Cooperativa “Finis Terrae”.
Il dialogo e la partecipazione ai principali tavoli cittadini sono i primi passi per promuovere una cultura dell’inclusione e della corresponsabilità».
L’integrazione è possibile?
«Ribadisco che è possibile con l’istruzione, la partecipazione e il dialogo. A mio avviso non si può parlare di “inclusione” senza uno di questi pilastri. L’integrazione non si realizza con le parole, ma con azioni concrete di prossimità e coinvolgimento reale. Pensiamo agli ostacoli superati in questi 10 anni per portare il sostegno scolastico alla comunità sinti di Voghera con “Opera Nomadi”, con “Finis Terrae”, con “Insieme” e con la Parrocchia San Pietro, oppure all’accompagnamento delle neonate associazioni “Dimbalente” e “Comunità Islamica”, per far sì che partecipassero attivamente alle Assemblee della Consulta del Volontariato e si sentissero rappresentate. La cura richiede tempo e dedizione.
La cura è un processo che non offre un riscontro immediato ma, come un seme, se il terreno è fertile e se qualcuno continuerà a prendersene cura, prima o poi, darà frutto, sempre con uno sguardo rivolto al futuro».
Quali sono i mezzi della Caritas per affrontare il disagio sociale e come è sostenuta nel suo lavoro dalle istituzioni?
«Caritas ha come primo e unico mezzo l’ascolto. Troppo spesso si pensa che si tratti solo di un distributore di pasti, di soldi e di soluzioni. Caritas attraverso i principali servizi di bassa soglia come gli asili notturni, le mense e il pacco alimentare si affaccia sul mondo del disagio sociale da un punto di vista privilegiato.
Ma non è chiamata a risolvere, semmai ad ascoltare, ad accogliere un’eventuale richiesta di aiuto e a orientare ai servizi più competenti, che in concreto sono i Servizi Sociali del Comune, il Ser.D. (Servizio per le Dipendenze) e il Centro Psico Sociale. Ciò che facilita il nostro compito è scritto proprio nella nostra struttura: agile e flessibile, meno formale e burocratizzata, caratterizzata da un lavoro di equipe che mette intorno ad un tavolo diverse professionalità.
Queste caratteristiche portano con sé il rischio della delega da parte di quei servizi pubblici e istituzionali, sanitari e non, che non possono godere della stessa libertà; è qui che si innesca il faticoso lavoro di rete che svolgiamo quotidianamente, fatto di mail, telefonate, riunioni, confronti su casi comuni. Youns sarebbe stato un caso di quelli difficili da affrontare, per cui si sarebbero sprecate le telefonate e i tentativi di accompagnamento, tenuto conto della mancanza di una residenza e cioè di un “lascia passare” per una serie di importanti interventi di sostegno: nomina del medico di base, accesso a visite specialistiche, reddito di cittadinanza, accesso alla presa in carico da parte del Comune con tutti i vari contributi che ne conseguono.
Purtroppo Youns faceva parte della lunga schiera degli invisibili presenti a Voghera, che vivono di espedienti e che sopravvivono tra un trattamento sanitario obbligatorio e una denuncia, finchè la malattia mentale non prende il sopravvento. Proprio sul tema della marginalità e dell’inclusione sociale, durante il 2019, insieme alla Cooperativa “La Collina” di Pavia, Caritas aveva organizzato e partecipato a una serie di tavoli di lavoro con il coinvolgimento di tutti i servizi di Voghera e provincia: A.T.S. Pavia, A.S.S.T. Pavia (Centro Psico Sociale e Ser.D), Comune di Voghera (Assessore e Assistenti Sociali di Voghera e Piani di Zona), Fondazione San Germano Onlus, Fondazione Adolescere, Arma dei Carabinieri, Cooperativa Agape, volontari dei gruppi caritativi di Voghera.
Il lavoro di un anno, a dicembre 2019, era confluito in un convegno dal titolo “Inclusioni possibili, messa a fuoco di percorsi di inclusione nel territorio vogherese” il cui fulcro verteva sulla difficoltà di intraprendere percorsi di accompagnamento per chi non ha una residenza, ma necessita anche di cure di tipo sanitario».
Daniela Catalano