Pietro I “il Grande” che fu un fedelissimo del Papa

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Mentre la cronaca vedrà tra alcuni giorni l’avvento di un nuovo Pastore sulla cattedra di San Marziano, ripercorriamo la storia della nostra Diocesi attraverso il racconto della vita di alcuni suoi vescovi illustri

Pietro I è il vescovo che più di ogni altro sedette sulla cattedra di San Marziano: 63 anni, dal 1014 al 1077, stando alla cronotassi tradizionale, suffragata da una serie di documenti che lo indicano presente lungo questo ampio arco temporale. Tuttavia il 1014 non è la data della sua ordinazione episcopale, ma l’anno in cui compare il primo documento che lo menziona. Si tratta del diploma del 4 maggio 1014, con cui l’imperatore Enrico II il Santo pone fine a una lunga diatriba tra l’abate di San Salvatore e il vescovo di Tortona circa la Corte di Blundi, che fu il nucleo originario di Bastida de’ Dossi. La disputa fu risolta a favore del monastero di San Salvatore ed Enrico II si espresse così sulla questione: «Ordiniamo pertanto che siano per sempre tacitati il vescovo Pietro e i suoi successori». L’elezione di Pietro all’episcopato tortonese deve pertanto essere posta in un anno precedente al 1014. L’anno successivo interviene, insieme ad altri 44 vescovi, al sinodo indetto in Laterano da Benedetto VIII, uno dei Pontefici più energici che si fossero seduti sul soglio di Pietro nel cosiddetto Saeculum obscurum; fu promotore delle prime istanze riformatrici, attraverso i sinodi ispirati alle istanze cluniacensi, che avrebbero aperto la strada alla riforma gregoriana.

In quest’opera il vescovo di Tortona fu fedele collaboratore del Papa; lo vediamo, infatti, a fianco di Benedetto VIII anche nel sinodo di Pavia del 1022, che condannò ancora una volta la simonia e il concubinato dei ministri ordinati. Il 1° agosto 1022, sul decreto papale, la firma di Pietro di Tortona è la quinta dopo quella del Pontefice, preceduta da quella dei vescovi di Milano, Pavia, Como e Torino, mentre la firma del vescovo di Vercelli la segue subito dopo. Partecipò al sinodo di Pavia nel 1047 e nel 1068 al sinodo romano di Alessandro II. Nel 1075, infine, è presente al sinodo di Gregorio VII.

Appellato “il Grande”

La fama di Pietro I si diffuse ampiamente anche fuori della diocesi tortonese, tanto che fu tenuto in alta considerazione dai suoi contemporanei.

L’autore della Vita Beati Guidonis, ricordando la sua partecipazione alla consacrazione della cattedrale di Acqui Terme il giorno 11 novembre 1067, su invito del vescovo San Guido, lo appella «uomo da tutti lodabile». Benzone, vescovo di Alba, pur essendo su posizioni diverse in quanto sostenitore dell’ideologia imperiale, non teme di appellare Pietro con il termine “Magnus”, affermando che «tanto è grande quanto lo è l’Italia e veramente da lui procedono cose grandi (magna magnalia)». Questa fama si concretizzò in una serie di mediazioni che il nostro vescovo fu chiamato a svolgere in diverse diocesi del nord Italia.

Compositore di dissidi

Nel 1044 è presente come testimone, e forse ne fu mediatore, a una donazione del vescovo di Ivrea al monastero di Santo Stefano di quella città. Il 18 marzo 1044 media una permuta tra l’arcidiacono-economo della Chiesa di Tortona e Andrea, abate del monastero tortonese di Santo Stefano che egli stesso aveva precedentemente fondato. Il 30 luglio 1047 Pietro I è a Broni, allora diocesi di Piacenza, per comporre un dissidio tra il vescovo piacentino Luizone e quello di Bobbio Guido; lo accompagnano due vassalli tortonesi, Alberico e Manfredo, e la questione viene risolta a favore della Chiesa di Piacenza. Nel febbraio 1054 è a Zurigo per mediare un placito dell’imperatore Enrico III a favore del vescovo di Cremona contro il monastero pavese di Santa Maria Teodote.

Un episodio oscuro

Pietro I vive i prodromi di quella che sarà una delle crisi più terribili del medioevo, la lotta per le investiture, che secondo diversi storici porterà al tramonto della stessa societas medievale, fondata sul cristianesimo. Come si è visto il vescovo di Tortona fu pienamente fedele al papato e non mancarono nel suo lungo episcopato frizioni con il potere imperiale: dall’iniziale intervento di Enrico II sulla Corte di Blundi, nel 1014, al dissidio con Enrico III, nel 1054, per i diritti della diocesi su Sale, disputati col monastero pavese di Santa Maria e Sant’Aureliano del Senatore. In quell’occasione l’imperatore ancora una volta si schierò contro la sede vescovile tortonese, accusando Pietro I di “inquietudine”. Tale inquietudine sfociò in uno scontro armato, quando gli esponenti tortonesi del partito imperiale assalirono in armi il palazzo del vescovo con l’intenzione di ucciderlo; ne uscì una vera e propria battaglia che vide la sconfitta degli imperiali e, in quel frangente, il vescovo Pietro uccise uno degli assalitori. Ne abbiamo notizia nel sinodo di Alessandro II del 1068 e negli Annales Albarensi. L’episodio deve essere collocato tra il 1048 e il 1054, perché i documenti lo pongono durante il pontificato di Leone IX. Sempre da queste fonti si apprende che Pietro, in seguito all’omicidio compiuto, si autosospese dalle funzioni sia episcopali sia sacerdotali; questo fino al 1068, quando Papa Alessandro II lo reintegrò nel suo ufficio. Tuttavia questa notizia è da interpretare, giacché non è pensabile che per oltre 10 anni Pietro sia stato in tale “sospensione” rinunciando a esercitare il suo ministero; inoltre altri documenti ne attestano l’attività.

Più realisticamente si deve intendere che il vescovo si sottopose alla penitenza canonica prevista in quei casi e che in seguito, nel 1068, Alessandro II lo scagionasse da ogni ulteriore accusa.

L’ultimo anno di vita di Pietro I il Grande, il 1076, fu nuovamente funestato da violenze e torbidi del partito imperiale, in quanto la lotta per le investiture era entrata nel periodo di maggior virulenza.

Maurizio Ceriani

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