Il crocifisso ci salva

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di Maria Pia e Gianni Mussini

Quando Gianni e Maria Pia si sono sposati non era ancora così pervasivamente diffusa la “lista nozze”. Loro comunque non l’avrebbero voluta: erano dell’idea un po’ rétro che la scelta dei regali fosse un diritto di chi li fa secondo il gusto, l’estro, le disponibilità personali, ma soprattutto secondo la particolare attitudine di ciascuno verso gli sposi.

Il giorno dopo il matrimonio, si sono così trovati senza tazzine da caffè (regalo troppo scontato, che quindi nessuno aveva avuto il coraggio di fare…) ma in compenso con una sontuosa caffettiera in ceramica da 12 tazze e un servizio di cucchiaini rococò che hanno poi regolarmente usato fino alla consunzione.

Comunque tutti i doni sono stati graditi: a partire dal crocifisso in ceramica che riproduce quello francescano di San Damiano (regalo di un sacerdote amico di Gianni) e che da sempre è appeso a proteggere il reparto notte della casa: passandoci davanti al mattino, ci scappa sempre una preghierina…

Per l’ingresso, hanno invece scelto qualche anno più tardi un sottile crocifisso africano, ricavato da un ramo naturalmente configurato a croce: all’artigiano dev’essere bastato qualche rapido intaglio per far emergere nella sua dolce drammaticità il Cristo morente.

Ci ripensavano, Gianni e Maria Pia, quando nei giorni scorsi è tornata alla cronaca (succede ciclicamente) la “questione del Crocifisso” nelle scuole e negli altri luoghi pubblici.

Già trent’anni fa Natalia Ginzburg, ebrea e atea, scrisse sull’Unità che «il crocifisso non genera nessuna discriminazione», aggiungendo: «Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea di uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente». Esso fa parte inoltre della storia del mondo in quanto «simbolo del dolore umano» che rappresenta tutti i perseguitati e gli oppressi.

Anche molti altri lontani dalla stretta ortodossia cattolica hanno espresso concetti analoghi. Massimo Cacciari ha per esempio sottolineato l’importanza del crocifisso per la nostra cultura («l’arte occidentale nasce dall’Incarnazione»), insistendo anche sulla “laicità” di una figura che nel Vangelo ha pur distinto tra Dio e Cesare, proclamando che il suo regno non è di questo mondo.

Gianni e Maria Pia sottoscrivono, consapevoli che anche in ambito cattolico non sempre è chiara la distinzione tra il crocifisso come segno parlante di fede (ricordate don Camillo?) e il crocifisso come appartenenza a una storia, una cultura, una tradizione.

In un senso e nell’altro, va comunque detto che in giorni moralmente infiacchiti come i nostri, c’è bisogno più che mai di un Cristo che indichi a credenti e non credenti una via di salvezza.

cantiamolavita@katamail.com

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