«La scrivania e il telefono possono essere un altare»

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Il 9 novembre Mons. Marini ha celebrato la Messa per chi lavora in Curia

TORTONA – Martedì 9 novembre, festa della Dedicazione della Basilica Lateranense, nella cappella dell’Episcopio, Mons. Guido Marini ha celebrato la prima S. Messa per i dipendenti della Curia Vescovile diocesana che ha accolto con gioia, come membri di una «grande famiglia». Dopo la liturgia della Parola, il vescovo nell’omelia, citando Ezechiele, ha sottolineato come l’acqua di cui parla il profeta è la presenza di Dio che vivifica e trasforma. In lui tutte le creature hanno vita e sono rinnovate.

«Dio è un grande alleato e l’amico vero della nostra esistenza e porta vita come l’acqua».

Prima della benedizione finale, Mons. Marini ha nuovamente preso la parola per ringraziare i concelebranti, mons. Mario Bonati, vicario generale, mons. Mario Balladore, cancelliere della Curia e don Paolo Padrini segretario vescovile. Poi si è rivolto con gratitudine e affetto agli impiegati dei diversi Uffici, esortandoli a impegnarsi affinché la Curia sia «efficiente ed efficace», sia cioè capace di svolgere con attenzione e scrupolo e con prontezza il proprio compito ma sia anche in grado di accogliere e di aiutare, mostrando il vero volto della Chiesa che è madre.

«L’efficacia non è legata alle nostre personali capacità ma è alla dimensione sovrannaturale della nostra vita. – ha detto il pastore diocesano – Un’efficienza senza efficacia sarebbe inutile e dannosa. Il primo lavoro di chi lavora in Curia è pregare e offrire a quanti si rivolgono ad essa un contributo valido e prezioso».

Da qui l’esortazione a considerare la cappella come vero cuore pulsante dell’Episcopio. Importante anche l’offerta del lavoro quotidiano al Signore: «La scrivania e il telefono possono diventare un altare».

Importante è anche la carità nelle relazioni personali e verso gli altri, perché proprio «dalla carità saremo riconosciuti».

Quanti si rivolgono alla Curia per trovare un sostegno e un servizio devono sperimentare la carità, perché solo «se curiamo efficienza ed efficacia possiamo essere il volto bello della Chiesa diocesana». Infine ha esortato a mettersi in ginocchio per invocare le vocazioni dal Signore: «Solo in questo modo la Diocesi potrà ricevere questa benedizione.

La nostra fiducia è venuta meno, noi dobbiamo rinsaldare la nostra fede inginocchiandoci e adorando».

Al termine nel Salone il vescovo ha salutato singolarmente gli impiegati che hanno posato con lui per una foto ricordo.

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