«È bello essere sacerdoti e diaconi alla sequela del Signore»

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Giovedì scorso il Vescovo ha celebrato la Messa in cattedrale per il clero diocesano

TORTONA – Subito dopo l’ingresso di domenica 7 novembre, Mons. Guido Marini ha voluto incontrare tutti i sacerdoti e i diaconi suoi «amici e primi collaboratori».

Lo ha fatto nella Messa celebrata giovedì 11 novembre in cattedrale. Giunti da tutta la diocesi, i presbiteri e i diaconi si sono riuniti per ascoltare il nuovo pastore. Prima di iniziare la celebrazione il vicario generale mons. Mario Bonati ha rivolto un saluto affettuoso al vescovo a nome dei suoi confratelli, esprimendo la gioia di poter camminare con lui e l’impegno a essere docili e disponibili ad accogliere i consigli e le indicazioni. Mons. Marini lo ha ringraziato e abbracciando lui ha voluto abbracciare ciascuno dei presenti. Ricordando una delle quattro vicinanze indicate dal Santo Padre il giorno della sua ordinazione episcopale, ha dichiarato di aver avvertito l’urgenza di voler essere vicino ai suoi presbiteri e ai suoi diaconi «con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze», chiedendo a sua volta a loro di stare accanto al vescovo.

«Grazie a questa reciproca vicinanza – ha detto – potremo vivere ciò che S. Ignazio con una bellissima immagine dice essere il «rapporto bello tra le corde e la cetra». Grazie ad essa la nostra vita potrà essere un coro di lodi a Gesù Cristo».

«Siamo nella gioia oggi perché ci ritroviamo qui, insieme, davanti al Signore per rivolgerci a Lui con il cuore in mano e con tanta fiducia. Siamo nella gioia perché siamo contenti della vocazione straordinaria che abbiamo ricevuto, quella di essere ministri ordinati, sacerdoti e diaconi. È bello essere sacerdoti, è bello essere diaconi, è bello essere alla sequela del Signore condividendone la straordinaria vocazione ad essere buon pastore»: con queste parole il vescovo ha iniziato la sua omelia. Il motivo della gioia, ha spiegato, è la chiamata del Signore a «essere oggi nella Chiesa, in mezzo al suo popolo, riflesso di Lui buon pastore».

Ha ricordato come il tradizionale bacio al vangelo da parte del celebrante, dopo la proclamazione del passo, altro non esprime se non il desiderio che «Gesù sia il tutto della nostra vita». La gioia autentica, infatti, non viene dal tipo di ministero svolto, dalla presenza di confratelli buoni, dal vescovo comprensivo e dal popolo di Dio presente ma solo dal fatto che «Gesù è tutto per noi, che noi siamo tutti per Lui». «Gesù – ha detto – è stabile per sempre nella nostra esistenza di sacerdoti e diaconi, ed è questa stabilità il fondamento della nostra esistenza». Citando S. Martino, la cui memoria ricorreva proprio l’11 novembre, il presule ha ricordato come il santo non faceva altro che parlare di Cristo, di amore e di pace. Attraverso le parole di S. Giovanni pronunciate nel versetto dell’Alleluia – «Se rimanete in me porterete frutto» – ha ribadito che «soltanto il rimanere è il fondamento e la radice del frutto» e si traduce in una parola semplice che è “santità”. «Non c’è che un’unica nostalgia che dovremmo avere, non c’è che un’unica tristezza che dovrebbe accompagnarci, – ha affermato – quella di non essere santi».

Per riuscire a vedere e toccare con mano il regno di Dio è importante avere uno sguardo di fede che va alimentato con la preghiera: «Siamo chiamati a pregare di più, a pregare tanto, senza stancarci mai».

Perché «la fede, dunque la nostra preghiera» è l’unica salvezza. E anche di fronte alla mancanza di vocazioni l’unica via indicata dal pastore è quella di mettersi in ginocchio, adorare senza stancarsi e «supplicare con fede il Signore». Infine ha esortato alla carità che è «l’amore stesso di Dio che si china sull’uomo per salvarlo, si china sui suoi bisogni fisici e materiali ma in vista dei bisogni del- l’anima». Prima della benedizione, il vescovo ha ringraziato «per la presenza amica e orante i parroci ortodossi di Stradella e di Voghera» e ha annunciato ai confratelli di averli affidati “spiritualmente” alle preghiere di una comunità di suore contemplative Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta che ha sede a New York.

Ogni suora ha “adottato” un sacerdote e offrirà ogni giorno per lui la sua incessante preghiera. Al termine ha salutato singolarmente i sacerdoti e i diaconi iniziando con ciascuno un dialogo paterno e gioioso.

Daniela Catalano

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