Gelindo ritorna, per fortuna

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di Maria Pia e Gianni Mussini

Maria Pia ha ereditato dalla sua famiglia d’origine le statuine di gesso di un vecchio presepe: affascinanti nella loro semplice ingenuità, prodotti di un’arte “povera” ma ricca in realtà di un senso religioso che non si arrende. Ognuna di queste statuine, preziose naturalmente soprattutto per il loro valore sentimentale, è avvolta da un foglio di carta morbida che la preservi dall’usura nei lunghi mesi dell’anno in cui sta rinchiusa nella sua scatola (anch’essa vintage, sempre la stessa da quando Maria Pia era bambina). Uno di questi foglietti è ancora la venerabile locandina di una recita natalizia di Gelindo al teatro dei Barnabiti di Voghera. Maria Pia ci andava quando per il Natale passava qualche giorno nella città di origine; e il papà le raccontava di aver partecipato alla recita negli anni della giovinezza (spesso come “rumorista” dietro le quinte, con il compito di provocare l’eco del frastuono delle armi dei soldati romani).

Ma chi è Gelindo? È il pastore con l’agnello intorno al collo che ha indicato a Giuseppe e Maria la stalla in cui alloggiare, ed è stato anche il primo a visitare Gesù Bambino. A questa figura, presente in un testo popolare seicentesco in dialetto piemontese, ha dedicato un bel libro l’etnomusicologo Roberto Leydi, facendolo precedere da una partecipe introduzione di Umberto Eco, niente meno: nella quale si scopre che lo stesso Eco aveva più volte recitato, da bambino, nel Gelindo dei Cappuccini di Alessandria e che una volta, in età matura, si era intrufolato con un amico nel sottopalco del teatro vestendosi da centurione romano, con tanto di elmi e corazze, e così era entrato in scena.

Il Gelindo c’era naturalmente anche nel presepe di legno della famiglia di Gianni (acquistato in Val Gardena dai genitori in viaggio di nozze). Ora è custodito dal primogenito Gino, e quando a Natale ci si ritrova tutti da lui, trasmette ancora un rassicurante sentore di pace: perché “Gelindo ritorna”, come vuole la tradizione…

Peccato che proprio in questi giorni un attivista trans abbia avuto la brutta pensata di raffigurare se stesso con le fattezze di una Madonna barbuta sulla copertina di un mensile “queer” di Berlino, accompagnata da un san Giuseppe debitamente “gay-friendly”, in tunica rosa.

Ovviamente la nostra cara Vergine sorride di queste buffonate e prega maternamente per il loro autore. Ma Gianni e Maria Pia si chiedono come mai questo coraggioso attivista non vada a proporre le sue pensate nei Paesi dove la blasfemia è punita anche con la morte… La risposta è troppo facile: questi personaggi così trasgressivi “tengono famiglia” come il borghese piccolo piccolo di Alberto Sordi e hanno lo stesso coraggio leonino del don Abbondio manzoniano…

cantiamolavita@katamail.com

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