Travolta da un insolito destino
di Silvia Malaspina
Alzi la mano colui al quale, alla notizia della morte di Lina Wertmuller, non siano sovvenute alcune tra le scene più memorabili dei suoi film più famosi, divenute ormai pietre miliari del costume. Chi non ricorda gli sguardi cerulei, torvi e stupiti di Giancarlo Giannini nelle vesti di Mimì metallurgico, diviso tra due donne, tra omertà e sensi di colpa, o la spocchiosità alto borghese di Mariangela Melato che interpreta la “sciura” Raffaella Pavone Lanzetti, la quale, dopo aver umiliato con ogni pretesto il proprio dipendente Gennarino Carunchio, viene travolta da una un’inaspettata passione e ne diventa l’ardente amante?
Sulla regista, scomparsa lo scorso 9 dicembre a 93 anni, sono state scritte righe osannanti su tutti i giornali: era impossibile, infatti, non stimare e non restare affascinati da una «regista e intellettuale di grande finezza, che ha dato vita in tutta la sua prestigiosa carriera cinematografica a film e personaggi indimenticabili», come ha sottolineato Sergio Mattarella nel messaggio di cordoglio apparso sul sito della Presidenza della Repubblica.
A me ha colpito, invece, una vicenda di cui avevo sommaria e confusa conoscenza e che ho appurato in questi ultimi giorni: Lina è stata sposata per quarantaquattro anni con il famoso scenografo Enrico Job, fino alla morte di lui nel 2008, con il quale ha intessuto anche un fortunato sodalizio professionale; la coppia non ha avuto figli naturali, ma la loro vita è stata stravolta dall’arrivo in famiglia, trent’anni fa, di una neonata. Si scoprì che la bimba era figlia di Enrico Job, nata da una fugace relazione: siccome la madre non poteva occuparsene, Job se la portò a casa, confessando nel contempo il tradimento alla moglie. La Wertmuller, che all’epoca era in età per diventare nonna, si presentò in Tribunale con la bimba in braccio e rivolse istanza di adozione. Maria Zulima divenne a tutti gli effetti figlia della coppia e la cosa straordinaria fu che la regista rifiutò sempre l’etichetta di madre adottiva, dichiarando: «Maria è la figlia di Job e quindi è mia figlia. È nata dal nostro amore. La vita è imprevedibile. Diventare genitori è stato bellissimo».
E Maria, figlia adorata, era al fianco della mamma quando questa, agli Oscar 2020, ha ricevuto il prestigioso premio alla carriera, in una delle rarissime occasioni in cui sono comparse in pubblico insieme.
Quante avrebbero avuto la nobiltà d’animo non solo di perdonare un tradimento dal compagno di una vita, ma di accogliere e amare incondizionatamente una creatura che avrebbe potuto ricordare costantemente quella ferita? Linuccia, come affettuosamente la chiamavano gli amici più intimi, è stata travolta da un insolito destino, seppur non “in un azzurro mare d’agosto” come i suoi personaggi, e l’ha non solo superato, ma l’ha volto a proprio favore con la forza dell’amore.
silviamalaspina@libero.it