La prima volta alla “Scala” di Speranza Scappucci
La direttrice d’orchestra, di origini pozzolesi, sul palco del teatro con l’opera di Bellini
NOVI LIGURE – Dai ricordi d’infanzia in provincia di Alessandria fino alla maestosa cornice del Teatro alla “Scala” di Milano, dove è andata in scena con “I Capuleti e i Montecchi” di Vincenzo Bellini. La scorsa settimana, Speranza Scappucci ha scritto un’importante pagina di storia, diventando la prima donna italiana a dirigere all’interno del prestigioso teatro meneghino.
Nata a Roma nel 1973, non dimentica le sue salde radici alessandrine. Sua mamma, infatti, è originaria di Pozzolo Formigaro.
La sua carriera la sta portando in giro per il mondo ma quali sono ancora oggi i suoi legami con Pozzolo?
«Io sono nata e cresciuta a Roma, ma sono fiera di essere per metà pozzolese. Mia mamma Maria Piera è nata lì. È un territorio che amo molto. Lì ho ancora i miei cugini, che sono venuta a trovare per l’ultima volta a settembre. A maggio ho in programma alcuni concerti tra Milano e Genova e sicuramente troverò l’occasione di tornarci.
Quando sono nel Nord-Ovest per lavoro, cerco sempre di passare e di andare anche a trovare i miei cari al cimitero. Ad agosto, quando ero piccola, ero sempre a Pozzolo. Ricordo quando andavo in bicicletta verso Novi per raccogliere le more e di quando di pomeriggio andavo a prendere il gelato alla crema da Ugo, al Bar Centrale».
Ha pensato di fare un concerto a Pozzolo?
«C’è la volontà di farlo. Sono in parola con il sindaco di Pozzolo per fare un concerto sulla piazza del castello. Non sappiamo ancora quando, ma è un sogno che spero si realizzi presto. Bisogna solo incastrare i vari impegni, che non è mai semplice. Sarebbe anche bello poter fare un concerto al Teatro “Marenco”, da poco riaperto».
Quali sensazioni ha provato al suo debutto alla “Scala”?
«È stata una grande emozione. Quando sono entrata in buca ho sentito il calore del pubblico davvero particolare. Questo mi ha dato l’energia per poter creare qualcosa di speciale. Credo che chi era in sala abbia potuto percepirlo e per fortuna è andata bene. Il teatro era pieno e si avvertiva l’amore per l’o-pera dal vivo. Noi artisti stiamo facendo di tutto affinché la diffusione della musica e della cultura non si fermi. Dopo il blocco totale della prima ondata di pandemia, ora si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel».
Come si è preparata a questa grande esibizione, arrivata dopo il forfait obbligato di Evelino Pidò?
«Il mio pensiero è subito andato a lui, di cui ho un’enorme stima. So cosa significhi doversi tirare indietro all’ultimo dopo tanto lavoro e dispiace molto quando un collega deve cancellare un impegno. Era una partitura che avevo eseguito nel 2013 e volevo capire se nelle 12 ore che avevo a disposizione per ripassarla sarei stata in grado di farcela. Dopo una breve riflessione ho accettato e mi sono messa subito al lavoro. Alla fine è andato tutto bene, grazie anche alla collaborazione dei miei colleghi».
Luca Lovelli