Parole basic ma non per tutti
di Patrizia Ferrando
“Le parole gentili sono brevi e facili da dire, ma la loro eco è eterna”: parto da questa frase di Madre Teresa di Calcutta per tornare a riflettere sulle minuscole chiavi di volta della buona maniera, così semplici da rischiare di essere date per scontate e dimenticate o, perfino, da finire utilizzate male. Mi riferisco, ovviamente, ancora una volta, a quei termini che Papa Francesco indica sempre come pietre miliari anche sulla via della felicità familiare. Vorrei soffermarmi su “per favore”, “scusa” e “grazie”. Che cosa potrebbe andare aggiunto a questi pilastri minimi della cortesia, oltre al ricordarli, insegnarli soprattutto con l’esempio, dare loro bella intonazione che non sappia di automatismo? Metterei in elenco anche questi due consigli: non rendiamole intercambiabili, e scegliamole anche per merito. Tutti sappiamo che cosa significa chiedere un favore, piccolo o grande che sia, così come conosciamo la necessità di scusarci quando creiamo disagio o peggio. Facile, eppure… quante volte ci troviamo a chiedere: «Scusa, mi passi il vino?» invece di «Per favore, mi passeresti il vino?». Non si tratta di un errore, ma di una scelta impropria, talvolta indice della sensazione di doverci giustificare a ogni piè sospinto. Ho citato il vino nel mio elementare esempio per passare a una fase successiva. Se un gesto maldestro dovesse farci rovesciare quello stesso vino sulla tovaglia, sarebbe davvero il momento di scusarci: ma come farlo se abbiamo già speso le parole canoniche in una collocazione non indispensabile? Non possiamo cospargerci il capo di cenere o gettarci in ginocchio sui ceci per mostrare contrizione: anche nel dispiacersi gli eccessi stroppiano.
Un minimo di “previdenza verbale” pone in valore ogni concetto da esprimere. In minima sintesi: chiederemo per favore di compiere una qualche azione per noi o l’autorizzazione a servirci di un oggetto o ad accedere a uno spazio riservato. Domanderemo scusa, invece, quando combiniamo un guaio, arriviamo in ritardo o “ci allarghiamo” involontariamente su quegli oggetti o spazi personali.
Una via analoga vale nel rivolgerci a persone non conosciute, ad esempio per chiedere informazioni: un saluto e un’espressione incoraggiante garantiscono un buon esordio. In un negozio con i commessi o al ristorante coi camerieri esporremo desideri e necessità aggiungendo «per favore» e riserveremo le scuse per quando occorrono.
Quanto a “grazie” resta, oltre che uno scrigno bello da aprire in ogni momento, il migliore corollario per entrambi i capitoli. Ringraziamo per una cortesia accordata, ringraziamo per le scuse accettate: e aggiungiamo un sorriso.
patrizia.marta.ferrando@gmail.com