Il fotografo che ama “gli incivili”

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Paolo Rossi e la sua passione per i boschi e gli animali selvatici dell’Appennino delle Quattro Province. Che comprende anche la Val Borbera

Paolo Rossi è un fotografo naturalista che si è specializzato nell’immortalare la fauna dell’Appennino ligure piemontese. Insieme al suo collega Nicola Rebora, è stato il primo a fotografare un gatto selvatico, allo stato brado, nel territorio ligure, antenato del comune gatto di casa, tra le creature più rare ed elusive della fauna selvatica italiana. Nasceva così, due anni fa, dopo anni di ricerche e appostamenti, il cortometraggio intitolato Felis – Gatto sarvaego in libertà, selezionato per “Attraverso Festival” e “Sondrio Festival”. Dopo aver realizzato nel 2021 il documentario Sopravvissuti all’homo Sapiens (Premio “Best Beast, al Festival internazionale di Cinema Rurale “Corto e Fieno” del 2021 “per la visione incontaminata senza interferenze umane della fauna selvatica”), quest’anno Rossi è già al lavoro alla sua nuova opera che si intitolerà Dove l’uomo non è più sovrano, di cui ha reso noto il trailer sul suo sito (www.paolorossi.it).

Rossi ama osservare i lupi che colonizzano i luoghi più selvaggi d’Italia ed è anche molto appassionato della cultura dei nativi americani e del loro rapporto con la natura. Per questo ha iniziato ad apprezzare i lupi perché, come gli indigeni, «sono una potente metafora della natura che resiste all’azione distruttiva di noi uomini e donne civili e civilizzati». Non a caso ama gli “incivili”, cioè quanti vivono selvaticamente senza trarre beneficio dal sovra sfruttamento del pianeta terra.

Nel nuovo cortometraggio i protagonisti saranno i boschi e gli animali selvatici dell’Appennino delle Quattro Province che comprende anche la Val Borbera. Da quando l’uomo ha abbandonato queste montagne, la natura si è ripresa gli spazi che le erano stati rubati. Nei castagneti ormai rinselvatichiti vivono martore e gatti selvatici. Agli occhi dell’uomo civilizzato questi luoghi possono sembrare disordinati e privi di vita, in realtà all’ombra di quei grandi alberi c’è una nuova generazione di tassi, volpi e lupi che impara dai genitori le sofisticate regole per sopravvivere il più a lungo possibile in natura. L’autore si augura di riuscire a realizzare immagini suggestive di animali selvatici, in ambienti dove alberi e animali, negli ultimi decenni, si sono poeticamente ripresi i loro amati spazi naturali. «E nel nostro piccolo, – dichiara – attraverso questo progetto, cercheremo di ricordare ai “potenti di turno” che i nostri boschi sono una straordinaria ricchezza naturale che va tutelata e non sfruttata per scopi “industriali”. Questo potrebbe essere il terzo film in tre anni di “emergenze sanitarie”, quindi grazie a chi di voi ci aiuta con attenzione e passione, nonostante tutto, a tenere alta la bandiera della “cultura selvatica”».

Ogni sua foto è frutto di ricerca, studio e lunga attesa. Della sua troupe fanno parte, oltre a Nicola Rebora, anche Alessandro Ghiggi e Dario Casarini naturalisti e videomaker, Mattia Parodi e Silvia Pesce.

Come per le altre due creazioni, anche in questo caso, il fotografo promuove una nuova raccolta fondi per coprire le spese necessarie a realizzarla. Sul sito o sulla sua pagina Facebook è possibile sostenere il progetto.

Per quanti contribuiranno all’opera, che finora ha raccolto circa 2.000 euro, sono previsti dei premi. Il minimo per ottenerne uno è la cifra di 30 euro che consente di ricevere a casa la t-shirt ufficiale e il suo nome apparirà nei titoli del film con un posto riservato alla prima proiezione ufficiale del lungometraggio. Altri riconoscimenti per chi dona 50 o 80 euro. Chi regalerà 120 euro potrà fare un’escursione e un appostamento al tramonto in attesa dei protagonisti del film (lupi, mustelidi, volpi e gatti selvatici) nel cuore dell’Appennino delle Quattro Province. Per 180 euro, in più, si potrà vedere il cortometraggio inedito La vita selvatica sotto il grande albero, che ritrae animali selvatici (anche molto rari) che si muovono in tutte le stagioni alla base di un antico castagno. Per tutte le informazioni si può visitare il sito.

Daniela Catalano

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