Un secolo fa la Novese era “campione d’Italia”

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La bella storia dello scudetto vinto nel 1922 dalla squadra cittadina

NOVI LIGURE – Agli inizi del ’900 il calcio fece presa su studenti e giovani della società “bene”, conquistando subito proseliti e accendendo entusiasmi che portarono ad aprire sezioni calcio nelle polisportive esistenti o a fondare nuovi sodalizi. A Novi Ligure, come altrove, si ripeté il medesimo cliché, ma, come talvolta accadde anche in altre piazze ben più importanti, da controversie e litigi nacquero delle scissioni di soci che portarono alla nascita di nuove squadre. La Novese fu uno di questi casi. Fu fondata il 31 marzo 1919, su impulso di tre giovani calciatori del preesistente “Novi F.B.C.”: Natale Beretta, Agostino Montessoro e Armando Parodi.

Il primo presidente fu il cav. Pietro Catalano, la sede storica era in un locale in corso Regina Margherita (oggi corso Romualdo Marenco).

Nei mesi successivi, nelle nuove elezioni, fu eletto presidente Mario Ferretti. Erano gli anni del mitico Quadrilatero del calcio piemontese con i 7 scudetti della grande Pro Vercelli e quello epico del Casale nel 1913 e ancora delle grandi scuole calcio dell’Alessandria e del Novara. Tra il 1908 e il 1928 con l’eccezione del Genoa, le squadre del Piemonte orientale furono in grado di contrastare l’a- scesa delle corazzate metropolitane, Juventus e Torino, Milan e Inter, Bologna e Lazio. Il 1921-1922 fu l’anno dei due campionati e dei due scudetti. Le “grandi” avevano promosso il “progetto Pozzo”, la riforma che riduceva la prima divisione a sole 24 squadre e introduceva una seconda divisone da 48 e una terza a livello regionale. Esclusi dalla prima divisione, Ferretti e la Novese, che nel frattempo si erano rafforzati con l’acquisto di Bonato e Vercelli dall’Alessandria ma soprattutto di Asti e dei tre fratelli Cevenini dall’Inter, guidarono la fronda delle “piccole” che, in occasione dell’assemblea federale, affossarono il “progetto Pozzo”. A quel punto la scissione era inevitabile.

Le “grandi” uscirono dalla Figc e fondarono la Confederazione calcistica italiana (Cci).

Novi Ligure, trovandosi esattamente a metà strada fra le tre capitali del calcio Genova, Torino e Milano, divenne un centro importante per la Figc, che inizialmente fu presa alla sprovvista da questa scissione. Senza Genoa, Milan, Inter, Juventus, Torino, Pro Vercelli e Casale, solo per citare le squadre più blasonate, il campionato federale risultava irrimediabilmente impoverito. Nonostante ciò, le “piccole” tennero duro.

E il campionato Figc si svolse con una serie infinita di partite da nord al centro con numerose squadre.

La Novese fu grande protagonista superando le fortissime Pastore di Torino, Petrarca di Padova e la Pro Livorno. Ultimo atto la finale con la Sampierdarenese, la futura Sampdoria e la conquista dello scudetto, ottenuto dopo la vittoria nel campionato italiano di massima serie nella stagione 1921-1922.

Nel 1921, infatti, la Novese fu inserita nel girone piemontese e giunse alla finale contro la Sampierdarenese. Le prime due sfide, giocate a Sampierdarena e a Novi, terminarono 0 a 0. Nello spareggio, che si disputò a Cremona il 28 maggio 1922, la Novese si impose sulla Sampierdarenese per 2 a 1, vincendo lo scudetto. Autore della rete decisiva fu il novese doc Carlo Gambarotta. La città in autunno farà memoria dell’evento, intanto molti sono i ricordi degli appassionati. Un gruppo, guidato da Costanzo Cuccuru (ex assessore allo Sport), con Enzo Guglielmini, Ercole Patrone (a lungo dirigente biancoceleste) e Roberto Rossi nei giorni scorsi si è recato nel cimitero di Novi per deporre sulla tomba di Carletto Gambarotta, l’uomo del gol scudetto e unico novese in campo il giorno del trionfo, una coccarda tricolore, un mazzo di fiori biancocelesti e una riproduzione della fotografia di quella Novese campione d’Italia.

Luca Rolandi

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