La Psa sta mettendo in ginocchio i produttori delle nostre valli

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Peste suina. Accertati ad oggi in Piemonte 91 casi. Confagricoltura chiede urgenti azioni di depopolamento dei cinghiali. A rischio molte aziende del comparto suinicolo

Nei giorni scorsi, in Piemonte, so-no stati accertati dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale regionale 7 nuovi casi di peste suina africana (Psa), nella sola provincia di Alessandria: 1 a Gavi, 1 a Parodi, 1 a Rocca Grimalda, 2 a Vignole Borbera, 1 a Cassinelle, per un totale di 145 (91 in Piemonte e 54 in Liguria). E iniziano a registrarsi casi anche negli allevamenti di suini. In particolare in Lazio dove sono stati scoperti due maiali infetti.

Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, non riesce a comprendere che cosa si stia ancora aspettando e perché «si perda tempo prezioso, con provvedimenti a rilento, senza che venga attuata nessuna azione di depopolamento nelle aree infette, mentre al di fuori di queste l’abbattimen-to dei cinghiali, rispetto agli anni precedenti, è pressoché inesistente». Nella Repubblica Ceca, come ha spiegato Allasia, la peste suina africana è stata eradicata in poco più di un anno e mezzo dal ritrovamento del primo cinghiale malato.

In Italia sono passati cinque mesi prima di adottare misure significative di contenimento della popolazione di cinghiali e prima di cominciare a costruire le recinzioni per bloccarne la diffusione.

Finalmente da mercoledì 1° giugno è iniziata da Ponzone la posa del tratto piemontese della rete di contenimento che avrà il compito di limitare i movimenti dei cinghiali e quindi il propagarsi della Psa.

I primi metri di rete sono stati posati alla presenza del sottosegretario alla Salute Andrea Costa, del commissario straordinario Angelo Ferrari, del vicepresidente e dell’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, del presidente della Provincia di Alessandria e dei sindaci interessati.

La barriera, alta circa 170 centimetri, è dotata di filo spinato e fissata al terreno così da impedire il passaggio degli animali. Restano, però, molti dubbi sulla sua efficacia. Secondo Paola Sacco, nuovo presidente di Confagricoltura Alessandria, «il fatto che non sia continua per ovvie ragioni di passaggio nelle strade e nei torrenti è un fattore di inadeguatezza. Ma se questa serve a dimostrare all’Unione Europea che stiamo facendo ciò che ci è stato chiesto, ben venga».

«Comunque, per noi, – ha affermato Sacco – quello che conta è iniziare seriamente il contenimento dei cinghiali». Allasia ha anche chiesto ai capigruppo a Palazzo Lascaris di promuovere la convocazione di un consiglio regionale aperto sulla peste suina, perché oggi il Piemonte è fortemente penalizzato dal mercato internazionale, che preferisce evitare di acquistare prodotti suinicoli del territorio.

Il valore della filiera suinicola piemontese, come ha ribadito il presidente di Confagricoltura, supera i 700 milioni di euro e questo patrimonio corre il rischio di essere azzerato.

Anche durante il primo incontro ufficiale tra il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, e il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, il 7 giugno a Roma, si è parlato dell’emergenza, in particolare del fatto che gli attuali Piani Regionali di intervento sono ancora lenti e gli indennizzi per le imprese nelle aree infette non sono ancora arrivati. Per Fini, sono urgenti ulteriori risorse sia per risarcire le aziende agricole colpite sia per aumentare le misure di biosicurezza. Altrettanto necessarie sono misure straordinarie di contenimento del numero dei cinghiali, ormai totalmente fuori controllo. Entro la fine dell’anno si dovranno abbattere almeno 50.000 capi. Lo scorso 27 maggio, inoltre, agricoltori, cittadini e anche rappresentanti delle istituzioni sono scesi in piazza a Roma, mossi dalla preoccupazione della diffusione del contagio.

«Servono interventi immediati, mirati e su larga scala per ridurre la minaccia dei cinghiali.

Un pericolo concreto nelle campagne ma anche all’interno dei centri urbani, per cittadini e turisti con un danno incalcolabile per l’immagine dell’Italia nel mondo.

I branchi si spingono sempre più vicini ad abitazioni e scuole, fino ai parchi, distruggono i raccolti, aggrediscono gli animali, assedia-no stalle, causano incidenti stradali con morti e feriti e razzolano tra i rifiuti con evidenti rischi per la salute. – ha affermato il presidente di Coldiretti Alessandria, Mauro Bianco – La situazione è diventata insostenibile con danni economici incalcolabili alle produzioni agricole e con il rischio che sia compromesso anche l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico, con la perdita di biodiversità sia animale sia vegetale».

Gli allevatori della Coldiretti hanno anche portato in piazza i prodotti tipici made in Italy che rischiano di scomparire, tra questi un posto importante è occupato dal salame Nobile del Giarolo, insaccato esclusivamente con tutte le parti nobili del maiale, tipico del territorio compreso tra le Valli Curone Grue, Ossona, Borbera e Spinti, a ridosso del Monte Giarolo.

A Roma era presente anche Marco Moro, allevatore suinicolo della Val Borbera, che ha dovuto abbattere 400 capi suini e ora si trova ad avere una stalla vuota; la sua azienda storica “Da Pina”, a Molo di Borbera, con le più moderne tecniche di lavorazione a filiera, è chiusa da gennaio e Moro denuncia un «immobilismo che non può più essere tollerato».

La richiesta condivisa è quella di intervenire con urgenza, «prima che sia troppo tardi».

Daniela Catalano

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