Il pranzo della domenica
di Maria Pia e Gianni Mussini
C’è una tradizione nella famiglia di origine di Gianni: il pranzo domenicale in comune. Quando c’era ancora la mamma Bruna, ci si trovava nella vecchia casa di via Cairoli, al piano nobile di quel palazzo neoclassico in granito di Baveno che era stata sede della prima scuola superiore vigevanese (rimpiazzata qualche decennio dopo, quasi di fronte, dall’edificio del Ginnasio-Liceo).
Sul tetto, appena dietro l’enorme timpano, le statue di Pitagora, Cicerone, Dante e Newton. Nientemeno. E sul cornicione la scritta “Nel sapere e nella virtù la felicità”.
Per fortuna la vita reale della famiglia Mussini è sempre stata meno magniloquente e, anzi, persino un po’ selvatica. Gli ultimi quattro (tutti maschi) degli otto fratelli vivevano tra il cortile, il quasi incolto giardino posteriore e gli anfratti segreti di quel gran palazzo, come degli apache privi di regole (a volte capitava che, seguendo gli antennisti, si arrampicassero sul tetto…).
Perso il papà troppo presto, gli otto Mussini si trovavano dalla mamma anche dopo sposati (magari con frequenza inferiore alla settimanale), portandosi i figli che via via nascevano. Ma c’era sempre posto per qualche avventizio: amici, parenti o semplici conoscenti.
Anche dopo la morte della mamma, la tradizione è rimasta viva, amministrata dalle tre sorelle di Gianni e trovando accoglienza nella casa del primogenito Gino, rimasto scapolo.
Non si creda però a un clima da Mulino Bianco. Continuando le tradizioni dell’infanzia, i Mussini non hanno mai avuto filtri tra di loro e sono sempre stati lontani anni luce da ogni perbenismo politically correct. Dunque a tavola giù con discussioni che a volte rischiano di degenerare. Se il tema è lieve come il calcio (i maschi sono tutti rossoneri, due delle fanciulle sono interiste), ci si limita a qualche salutare sfottò. Ma se fa capolino la politica allora capita che ci si arrabbi davvero. Con la vera grazia del Cielo che però in un attimo tutto passa e anche le discussioni più furibonde non lasciano alcuno strascico.
All’inizio non è stato facilissimo per Maria Pia, figlia unica e di carattere quieto, adattarsi a questo microcosmo così animato. Ma proprio il suo carattere e la sua proverbiale dolcezza ci hanno messo poco a conquistare gli altri, che anzi ora la compatiscono per il fatto di dover sopportare gli estri – diciamo così – del marito.
Insomma, nel nostro caso non vale il “parenti serpenti” del noto proverbio. E neppure l’altro adagio secondo cui i parenti te li trovi, gli amici te li scegli. No, in quelle domeniche avviene una felice confusione di amicizia e parentela che provoca alla fine un senso di sicurezza (benché, dopo pranzi natalizi che superano le 40 presenze, venga magari voglia di ritornarsene alla pace del proprio cantuccio: ma anche questo fa parte del gioco).
cantiamolavita@katamail.com