Agenzia viaggi “Mamma”
di Silvia Malaspina e Carolina Mangiarotti
Le mamme sono spesso definite, a ragione, multitasking: fin dalla nascita del pargolo devono destreggiarsi nel precario equilibrio di ruoli diversi, che talvolta appaiono inconciliabili. Con il passare degli anni e l’uscita dall’infanzia della prole, diminuisce l’ansia da prestazione e si acquisiscono maggiori sicurezze e disinvoltura, ma non vengono meno gli acrobatici volteggi da ginnaste olimpiche. L’aggravante è che, quando i bimbi crescono, possono o reagire con fastidio e sufficienza o equiparare le malcapitate genitrici a un pungiball sul quale scaricare ansie e timori. Anche noi siamo ormai esperte in queste contraddittorie dinamiche e la situazione di apparente emergenza che abbiamo vissuto, seppur solo via telefono, non ha fatto che rimarcare l’evidenza. La richiesta di aiuto trilla impertinente nel cuore della notte italiana: «Il mio volo non compare su nessun tabellone, vedrai che l’ho perso perché quello interno era in ritardo, cosa faccio?» «Vai al desk della Compagnia e chiedi informazioni, devono imbarcarti su un altro volo diretto a Londra o a Milano, il ritardo è stato loro non tuo.» «Il desk è chiuso! Lo sapevo: già sono l’unica del mio gruppo a dover fare due scali e adesso sono dispersa in Arizona: non tornerò più a casa. Qui anche il Wi-Fi funziona a singhiozzo e non riesco a cercare informazioni in rete. Del resto cosa vuoi aspettarti nell’aeroporto di uno stato che è famoso per allevare tori?» «Non fare tragedie inutili. Il sito dell’aeroporto dice che il tuo volo è in ritardo di 90 minuti e partirà dal terminal 5. Ecco perché non compare sul tabellone delle partenze. Non muoverti e aspetta.» «Va bene, ma siccome ieri notte non sono andata a dormire, perché c’è stata la festa per noi studenti in partenza, ci telefoniamo? Almeno non rischio di addormentarmi e di non sentire la chiamata per l’imbarco.» «Ormai non dormo più nemmeno io, quindi raccontami qualcosa di carino e facciamo passare il tempo!»
Finalmente viene annunciato il tanto agognato imbarco e si dileguano i timori della turista fai da te di replicare la vicenda di quel rifugiato iraniano che visse per 18 anni nel terminal 1 dell’aeroporto Charles De Gaulle. Permane l’inquietudine via messaggio: «E se a Londra il volo per Milano è già partito e non ne trovo un altro libero? Idea: potrei andare in treno a Parigi e, al limite, mi vieni a prendere in macchina, che ne dici?» «Non farti venire idee fantasiose. Adesso dormi e ci risentiamo più tardi.» La vicenda si conclude felicemente con l’atterraggio in terra lombarda della nomade, la quale a domanda: «Eri preoccupata per tutti questi ritardi?» replica con navigata nonchalance «No, ma sapevo che tu monitoravi lo stato dei voli e che non avresti dormito per l’ansia, così ti ho tenuto compagnia al telefono per rassicurarti.»
silviamalaspina@libero.it