Moralisti senza carità

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di Maria Pia e Gianni Mussini

In una delle nostre lettere natalizie ci capitò una volta di antologizzare una poesia del tedesco, di lontane origini italiane, Hans Carossa (1878-1956). Ricordiamo bene quel testo: nell’assopimento di una giornata di neve c’è una madre che ancora non sa nulla del figlio nascituro che pure già le riempie le giornate (“Ancora tu non eri sulla terra, E dovunque già eri”, come traduce Diego Valeri, poeta anche lui).

Dunque Carossa l’abbiamo sempre considerato un amico, come tutti i protagonisti delle nostre strenne. A poco a poco abbiamo anche scoperto altri suoi testi, spesso pervasi di gentile religiosità. Abbiamo poi saputo che era stato medico di famiglia, oltre che poeta, come a dire un dottore del corpo e dell’anima.

Così siamo rimasti stupiti nel leggere che una scuola berlinese a lui dedicata ha deciso di cambiare nome perché Carossa, pur non nazista, operò anche nel periodo del Terzo Reich, accettando nel 1938 il Premio Goethe, allora egemonizzato dal partito al potere.

Abbiamo approfondito. C’è stata indubbiamente questa, chiamiamola così, debolezza. E di più: in una silloge di vari poeti Carossa augurò buona fortuna “al coraggioso, al combattente e Führer” che allora guidava la Germania. Imbarazzante, certo. Ma è anche vero che Carossa ottenne da Goebbels in persona la liberazione dello scrittore ebreo Alfred Mombert, il quale poté emigrare in Svizzera; e che ancora Carossa usò la sua autorità chiedendo al sindaco di Passau, la città dove abitava, di arrendersi alle truppe americane per evitare inutili spargimenti di sangue. Cosa che gli costò da parte delle SS la condanna a morte in contumacia.

Insomma, Carossa era un pover’uomo come tutti, con le contraddizioni di tutti, ma aveva un fondo etico-religioso che nelle cose essenziali lo mise al riparo da cadute irreparabili.

Del resto, per venire alla nostra Italia molti illustri antifascisti avevano inizialmente aderito al regime. Un nome per tutti, quello del lomellino Teresio Olivelli, morto in un lager nazista nel 1945 e poi beatificato. Ma molti altri si barcamenarono tra carriera, famiglia e coscienza. Mica facile rimanere puri in certe situazioni. Basti dire che solo 18 professori universitari, su 1251, rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo.

Puri invece lo sono senza dubbio, ma molto a buon mercato e senza alcun rischio, i moralisti della correttezza politica che ora appunto vorrebbero cancellare il nome di Carossa da quella scuola di Berlino. Ma alla stessa stregua bisognerebbe per esempio cancellare strade e piazze dedicate a Guglielmo Marconi, che appoggiò esplicitamente il regime, per non parlare di Pirandello e tanti altri. Ci sarebbe poi il capitolo del comunismo, e così via.

Tenere l’indice puntato contro qualcuno è un atteggiamento pericoloso, infantile e, soprattutto, inconcludente. Che prosciuga nel nostro cuore non solo carità e giustizia, ma persino il buonumore.

cantiamolavita@katamail.com

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