Peste suina: ogni mese vanno in fumo 20 milioni di euro

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Un virus che non è stato ancora estirpato. Tra Piemonte e Liguria i casi accertati sono saliti a 283. Colpita la filiera produttiva legata agli allevamenti. E intanto in Regione Piemonte si “palleggiano” le responsabilità

Salgono a 283 i casi di peste suina africana accertati dall’inizio dell’emergenza tra Piemonte e Liguria. La scorsa settimana si è verificato un incremento di 9 unità. Due di queste a Carpeneto, una a Carrega Ligure (primo caso in assoluto), una a Visone, due a Grognardo, una a Novi Ligure, una a Pareto e una a Ponzone, che rimane il Comune più falcidiato del territorio. Positività alle quale si aggiunge quella registrata a Savignone, in provincia di Genova.

«L’ampiezza dell’area infetta al nord-ovest rende tutto più difficile. – spiega Angelo Ferrari, commissario straordinario per l’emergenza Psa – Non c’è nulla di allarmante, ma bisogna far sì che questo virus vada eradicato e che non diventi quindi qualcosa con la quale si debba convivere. Oggi la filiera produttiva legata agli allevamenti di suini deve fare i conti con una perdita di circa 20 milioni di euro al mese per esportazioni andate in fumo. Bisogna alzare anche i ristori per le attività. In Belgio, per risolvere questa criticità, le barriere sono state messe tre volte. Servono più risorse rispetto ai 6,7 milioni assegnati finora».

Su 144 chilometri totali di recinzione previsti tra Piemonte e Liguria, ne sono stati installati circa 112. Una tematica per la quale prosegue serrato lo scontro politico.

«La peste suina africana è un problema estremamente grave e, nei mesi scorsi, abbiamo cercato in tutti i modi di offrire la nostra collaborazione per individuare soluzioni tempestive e concrete, restando inascoltati. – sottolinea Domenico Ravetti, consigliere regionale del Partito Democratico – Non ci sbagliavamo nella richiesta di una Commissione d’inchiesta sulla Psa e sulla gestione degli ungulati. Sarebbe bastato perfino un gruppo di lavoro per aiutare l’assessorato. Invece, hanno deciso di procedere escludendo ogni forma di coinvolgimento. Non è sufficiente andare sul territorio a stringere qualche mano per risolvere i problemi. La giunta aumenti le risorse dal proprio bilancio e verifichi la possibilità di anticipare i fondi europei».

Un’accusa diretta alla giunta regionale, che replica evidenziando che «tali aree, per la gestione dell’infezione, sono sotto competenza del Ministero della Salute. A fronte della difficoltà di reperimento di risorse economiche da parte dello Stato, abbiamo anticipato fondi per arginare il dilagare della problematica. Ora chiediamo che chi detta le regole indichi anche i metodi per ottenere i risultati auspicati in termini di depopolamento e metta a disposizione congrue risorse per risarcire i danni e procedere all’eradicazione».

In Piemonte e Liguria l’area interessata dall’emergenza si è triplicata nel giro di un anno. Altro tema molto dibattuto sulla questione è quello relativo alla caccia che rimane vietata nelle aree infette. Gli esperti sostengono, infatti, che la pratica venatoria crea dispersione tra gli animali favorendo la diffusione del virus.

Luca Lovelli

Illustrazione di Maurizio Immovilli
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