Peppino Impastato: ma quale suicidio!

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Peppino Impastato nacque il 5 gennaio 1948 a Cinisi, in provincia di Palermo, da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato. La famiglia era molto inserita nell’attività mafiosa: la sorella di Luigi aveva sposato il boss Cesare Manzella, mentre lo stesso papà Luigi era un amico di Gaetano Badalamenti, il capomafia della zona che, come diceva Peppino, abitava «a cento passi» da casa sua. Giovanissimo, Peppino ruppe con il padre che lo cacciò di casa e iniziò una febbrile attività di studio e azioni politiche. Divenuto giornalista, si schierò dalla parte degli oppressi, organizzò proteste e manifestazioni, fondò il circolo “Musica e Cultura” per dare voce ai giovani di Cinisi. Nel 1977 aprì l’emittente radiofonica “Radio Aut”, dove conduceva una trasmissione in cui denunciava i traffici loschi di cosa nostra e prendeva in giro politici e malavitosi. Le parole di Peppino aprirono gli occhi a molti scettici riguardo le infiltrazioni mafiose in ogni ambito della vita sociale. Il 9 maggio 1978 fu ritrovato nei pressi di un binario ferroviario. Il corpo, quasi irriconoscibile, era stato prima sfigurato dai sassi e poi dilaniato da una carica di esplosivo. Inizialmente le indagini parlarono di un atto terroristico finito male e addirittura di suicidio, ma tutti sapevano che la mano dietro all’efferato omicidio era quella mafiosa.

Nel novembre del 1997, quasi vent’anni dopo, fu emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante degli assassini. La condanna arrivò solo nel 2002: lui e il suo vice, Vito Palazzolo, furono condannati rispettivamente all’ergastolo e a 30 anni di reclusione. Entrambi morirono poco dopo.

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