…ma si ostenta il gender fluid
di Maria Pia e Gianni Mussini
Nemmeno noi “avevamo l’età” nel 1964 quando Gigliola Cinquetti vinse a Sanremo. Allora il festival lo si guardava in famiglia, ma integralmente solo l’ultima delle tre serate allora previste, il sabato (prima c’era la scuola e bisognava andare a letto presto).
Negli anni d’università, fuori casa, non si guardava la TV e faceva fino snobbare uno spettacolo così poco “impegnato”. Una volta sposati, con i bambini piccoli e tanto da fare, al festival solo una sbirciatina.
Sono stati i figli adolescenti a riavvicinarci alla musica pop e rock (insegnandoci per esempio ad apprezzare i Queen). E decisivo è stato il concorso “Cantiamo la vita”, la cui organizzazione ci è stata affibbiata dal Movimento per la vita nazionale per ben 17 anni. Abbiamo così seguito con occhio diverso la musica leggera, riconoscendone il valore estetico, culturale, sociale. Nel tempo abbiamo avuto da noi star come Ron, Nek, i Moda, Concato, Alexia, Branduardi, con le sempreverdi Zanicchi e Vanoni.
Da allora ci siamo tenuti passabilmente aggiornati, sino a Gabbani e ai Måneskin.
Ora del festival selezioniamo a posteriori (benedetto streaming!) i momenti salienti. Abbiamo fatto così anche per l’edizione 2023.
Un giudizio? Facendo la tara all’inevitabile retorica e alle (evitabili) iperboli profuse dai conduttori, è stato rasserenante il presidente Mattarella, con l’inno di Mameli cantato dal pubblico. Per il resto, ha prevalso la logica dei social: interessante, ma non la nostra logica.
Non ci è piaciuta la Ferragni autoincensantesi in un esempio di vera e propria pornografia sentimentale (la forma peggiore di pornografia). Il suo stesso vestito, alludente alla nudità femminile, appariva più volgare di un nudo vero e proprio, che avrebbe richiesto ben altro coraggio.
Idem per suo marito Fedez, leonino nello scagliarsi contro la ministra Roccella, rea di avere pronunciato parole “terribili” come queste: «L’aborto non è una bella cosa… e le donne non sono felici di abortire». Senza riaprire qui discussioni di principio, facciamo notare che quelle cose le dice la stessa legge 194 e che uno dei suoi sostenitori, Enrico Berlinguer, affermò qualcosa di simile: «Nessuno che sia sano di mente può ritenere l’aborto un bene, un valore da perseguire, un diritto da conquistare».
Ma è prevalsa un’ideologia superficiale e conformista, con il bacio gay e l’elogio della marijuana vincenti rispetto alla povera Ucraina (il messaggio di Zelensky è stato letto a tardissima ora).
Solo che alla fine la realtà vince sull’ideologia. Così, osserva il nostro amico Giorgio Gibertini su FB, un festival impostato sull’ostentazione del gender fluid vede ai primi posti: 1) un maschio che dedica la vittoria alle femmine; 2) un ragazzo che regala i fiori alla mamma; 3) un cantante che parla d’amore e di angeli e canta coi bambini.
Lasciamo chiudere al vecchio Mike: «Allegria!»
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