Il nuovo presbiterio dell’abbazia di Rivalta Scrivia

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Il 1° luglio il rito di dedicazione dell’altare realizzato da Raul Gabriel e approvato da Mons. Vittorio Viola, prima della sua nomina a Segretario del Dicastero romano

Sabato 1° luglio all’abbazia di Rivalta Scrivia, alle ore 17, il vescovo Mons. Guido Marini celebrerà la S. Messa durante la quale avverrà la dedicazione del nuovo altare realizzato dall’artista argentino Raul Gabriel.

La cerimonia è la conclusione di un progetto approvato nel 2019 da Mons. Vittorio Viola, quando era ancora vescovo della Diocesi di Tortona, e realizzato sotto la supervisione dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi e della Soprintendenza, che ha dato il suo consenso il 3 ottobre 2022.

L’intervento consiste nella sistemazione del nuovo presbiterio con la collocazione dell’altare, dell’ambone e della sede del ministro, secondo le disposizioni dettate dalla “Nota Pastorale della Conferenza Episcopale Italiana”, in materia di adeguamento liturgico delle chiese ai dettami del Concilio Ecumenico Vaticano II (31 maggio 1996).

La soluzione pone termine alla sistemazione provvisoria della mensa eucaristica.

La nuova opera prevede l’altare in posizione sopraelevata e ben visibile, al centro dell’area presbiteriale, come fulcro della liturgia, “unico e praticabile tutto all’intorno”, di dimensioni contenute al fine di assicurare la “focalità” del “luogo” liturgico.

Attorno ad esso sono pensati e disposti gli altri spazi significativi come l’ambone e la sede del ministro.

La sopraelevazione è realizzata mediante due zone di diversa altezza: la prima dedicata all’ambone e alla sede del ministro, collocate in posizioni opposte e laterali in modo da non “invadere” il campo visivo dell’altare; la seconda, di maggiore altezza, grazie all’aggiunta di un ulteriore gradino, avrà dimensioni quadrate e costituirà il “bema”, la base di appoggio dell’altare, come punto di arrivo e polo centrale della liturgia.

In questa pagina l’artista ci racconta la genesi dell’opera.

«Ho tentato di pensare come i suoi monaci avrebbero pensato oggi»

Armoniosa solidità e ricchezza di variazioni imprevedibili fanno dell’abbazia di Rivalta Scrivia un caso unico di progettazione cistercense.

Una singolare eterogeneità di materiali, forme e spazi invita il visitatore alla scoperta, appena la iniziale impressione di unità sfuma nel percorso ricco di sorprese.

Volume, colori e geometrie incarnano un linguaggio complesso che ha ispirato il progetto, l’adeguamento liturgico del presbiterio di Rivalta Scrivia, di concerto con i Beni Culturali, la Soprintendenza, le comunità, guidato dalla viva e rigorosa liturgia dell’Arcivescovo Mons. Vittorio Francesco Viola.

Quando si tratta di contemporaneo inserito nello storico vengono percorse strade che vanno dall’uso della copia, finta per definizione, al ripetere soluzioni minimaliste datate e di maniera, didascalie di una purezza decorata che tranquillizza chi del sacro necessita come di un fregio accessorio. A volte si tenta anche con opere di indubbio valore artistico ma decontestualizzate al punto da mortificare il sacro in museo.

Servono compromissione, meditazione, immersione, passione, inquietudine. Le buone intenzioni non bastano, devono tradursi in forme capaci di reggere il liminare rischioso in cui si incontrano poesia e sacro. Per l’abbazia di Rivalta Scrivia ho tentato di pensare come i suoi monaci avrebbero pensato oggi. La commistione tra immedesimazione e ispirazione personale non ha una ricetta unica come si crede erroneamente di poterne scrivere. Ogni intervento nel luogo sacro (e in ogni luogo) dovrebbe nascere specifico, gesto unico di identità formale e spirituale che abbraccia il significato universale e lo trasforma in un volto preciso di fattezze uniche. Pensare simboli, non arredi, eventi del possibile incontro, e tu, che sei chiamato a metterci le mani, sei il pellegrino sempre inadeguato la cui speranza deve riporsi nel mistero, che ti possa toccare, mistero peculiare di un edificio, una storia, una comunità, una visione. Il sacro si offre a chi accetta la sua provocazione. Per dare corpo a qualcosa del genere è necessario farsi rapire, mettersi al servizio con il proprio pensiero in ascolto.

La potenza architettonica dell’abbazia di Rivalta Scrivia non è esaustiva del percorso cui invita che sembra non terminare mai, regalando centralità alla dimensione dinamica del cammino interiore, di asimmetrie e singolarità profusi ovunque, estetiche di una agognata e mai raggiungibile compiutezza umana. Compiutezza concreta, non utopica. Da sempre sostengo che l’equilibrio, se è vivo, non può essere equilibrato.

È stato entusiasmante scoprirlo in Rivalta, eravamo fatti uno per l’altra. Dialogo costante tra insieme e dettaglio, a fasi alterne, estremamente articolato, scritto come una composizione musicale con le sue pause e suoi crescendo, le sue sincopi e le sue acciaccature.

Così è nato l’altare, fulcro essenziale dell’edificio sacro. Corpo vivo, centrato e sbilanciato, unitario e polimorfo, le cui forme e materiali danno conto della architettura circostante, che dal suo fulcro deve scaturire. Un blocco di pietra rossa è compresso da reminiscenze fitomorfe, unica concessione bernardiana al mondo rappresentato, ripensate per confondere la percezione negli intagli multiassiali che confondono curve e linee dritte.

I suoi angoli fioriscono di geometrie diverse, alfabeto di Rivalta Scrivia, serve avvicinarsi per vederle, così come la mensa, gli intarsi del bema e il tappeto di cotto storico che emerge nel mezzo della pietra calcarea bianca come un fiume carsico, innesto della storia nel contemporaneo.

L’ambone è uno slancio controllato e incontrollabile, espansione della Parola verso l’assemblea, cenotafio di gioia accarezzato dalle inclinazioni e curvature progressive in cui l’idea iniziale si è andata definendo, pietra che entra nell’aula senza esitazione.

Tre blocchi che sono uno, l’uno che si apre di quattro voci come canne d’organo, ciascuna diversa per un unico concerto. Qualche giorno fa sono entrato nel cantiere e ho provato soggezione, di recente mi era successo solo in una scabra, potente, minuscola pieve catalana medievale. Qualcuno ha detto che il presbiterio nuovo sembra lì da sempre. Ha ragione.

Il mistero si è riappropriato di ciò che protempore è passato attraverso me, attraverso noi, a ricordare che tutto ciò che ho scritto per l’abbazia in digitale e in pietra non è opera mia, ma di Rivalta stessa che ha concesso, per un momento, di toccare l’intangibile, farlo presente, per diventare l’altro da incontrare. Andate a toccarla, Rivalta Scrivia, spogliandovi delle ragionevolezze che con il sacro non hanno molto a che fare. Io l’ho fatto.

Raul Gabriel

Raul Gabriel

Una vita per l’arte

Artista italoargentino, Raul Gabriel vive e lavora tra Milano, Londra e Roma. Le sue opere sono state esposte in sedi prestigiose, come la Fondazione Mudima, la Quadriennale di Roma, Palazzo Collicola a Spoleto per il Festival dei due Mondi, la basilica di San Lorenzo a Firenze, il Museo di Michetti di Francavilla al Mare, la Triennale di Milano, il MUDI di Milano, la Broadbent Gallery di Londra, Dekka Arts Margate. Ha realizzato per Brescia capitale della cultura 2023 il progetto espositivo, di cui è autore, Seven acts of Medicine tutt’ora in corso. Entro l’anno il museo Michetti in collaborazione con la Fondazione FLR di Pescara gli dedicherà un’estesa monografica.

All’opera di artista visivo affianca l’ideazione di concept architettonici come Silkocoons, premiato all’Università della Sapienza e mostrato all’Expo universale di Shangai, gli interventi scultorei permanenti in ambiti architettonici sacri di rilievo tra cui l’adeguamento del progetto pilota CEI nella Chiesa di Olmo in Umbria e il più recente per l’abbazia cistercense di Rivalta Scrivia. Ha un’intensa attività di conferenziere. È autore del saggio di recente pubblicazione Il Gesto Digitale (edizioni Vita e Pensiero) in collaborazione con Avvenire di cui è commentatore ed editorialista e per il quale cura la rubrica quindicinale “Intelligenze” sul tema delle intelligenze artificiali.

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