Un popolo in ciabatte

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di Patrizia Ferrando

L’estate è una stagione meravigliosa anche per quel senso di gioventù e libertà che ispira in molti, se non in tutti. Ma, chissà perché, rimane anche il periodo in cui, tra temperature elevate, malintesi sulla comodità, discutibili principi d’espressione, troppi ignorano il binomio tra abbigliamento e buona educazione, un rimando che non riguarda la moda ma il senso dell’opportunità e la considerazione verso gli altri.

Viene forse in mente se sia possibile infastidire qualcuno con il nostro abbigliamento? Ci chiediamo se la persona con cui interloquiamo potrebbe imbarazzarsi per via dello scollo che non lascia nulla all’immaginazione?

Poniamoci ogni tanto la domanda sull’adeguatezza del nostro outfit rispetto al luogo in cui ci stiamo recando. Minigonna e top, calzoncini e canottiera per andare sul lavoro, in uffici pubblici e non, in luoghi di cura, a sostenere esami e comunque in mezzo ad altre persone a passeggio in città, non sono propriamente adatti. Non è questione di “chi se lo può permettere”, perché un fisico da modella o muscoli scolpiti non giustificheranno mai un contesto insensato, bensì di rispetto, prima di tutto verso se stessi, poi verso gli altri e poi per discrezione del luogo.

Ecco una panoramica delle “bucce di banana” più comuni. Perché si sa che il caldo dà alla testa, ma possiamo pensare e anche sorridere percorrendo una sorta di galleria ironica degli orrori. E se è vero che non esiste una regola scolpita nella pietra del galateo, è anche vero che ci sono in giro cose da far venire i brividi anche all’Abominevole Uomo delle Nevi.

Ad esempio… C’è un popolo in ciabatte in giro per le nostre città d’estate. C’è un popolo con i piedi neri per il camminare, in ciabatte, per la via. C’è un popolo sgraziato nella falcata.

C’è un popolo che crede di essere in piscina ma, ahimè, è a casa a lavorare.

Morale, se non fosse chiaro: infradito e ciabatte si usano in spiaggia, in piscina, se volete sul vostro terrazzo; e basta.

Se la biancheria si chiama “intima” ci sarà un motivo: semplice, non va mostrata. Non va esibita (tipo reggiseno nero e t-shirt bianca). Non si deve proprio vedere.

Il nome “prendisole” già è l’indizio migliore per capire, se si dovesse avere il dubbio, dove è consono indossare tale veste. Certo non è elegante in ufficio, in situazioni formali, ovunque sia meglio non esporsi troppo con la propria pelle.

E se pensavamo che l’ultima frontiera del cattivo gusto fossero le spalline di silicone dei reggiseni (che si notano quasi di più di quelle normali), è arrivata l’ultima trovata: mettere come biancheria intima i costumi da bagno, così da sentirsi legittimati a sfoggiarli.

Ecco. Anche no.

patrizia.marta.ferrando@gmail.com

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