La grazia del barbone persuaso

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di MARIA PIA E GIANNI MUSSINI

In una radura non lontana da casa nostra, sino a pochi anni fa c’era una baracca di lamiera piena di cianfrusaglie. La spiavamo qualche volta con i bambini, e pareva la casina dei Sette Nani. Non mancava una vecchia stufa con un camino che d’inverno fumava con allegria. Ci abitava un barbone. Lo immaginiamo ancora mentre mangia, dorme, si riscalda, guarda il cielo e la campagna circondata dal profilo innevato delle Alpi… Era persuaso, come avrebbe detto il filosofo Carlo Michelstaedter: senza un passato su cui recriminare né un futuro in cui costruire castelli in aria, ma tutto compreso nel suo presente. Non per caso la figura del barbone ha una sua fortuna nella tradizione cristiana. Il barbone vede il mondo “dal basso”, è umile (da humus, “terra”), e conosce le verità essenziali della vita facendo piazza pulita di ogni retorica borghese (la posizione sociale, i soldi, le vane ambizioni, l’ossessione dell’apparire). Sa anche essere paziente perché in una giornata prima o poi arriva un po’ di pane e formaggio, un cappuccino, alla bisogna anche un buon capo di abbigliamento. Non accampa diritti, ma attende tutto come una grazia. Facciamo tutti i barboni allora? Evidentemente no. Certe scelte sono esito di un fallimento che ha lavorato duramente nella psiche. Ma, come diceva un nostro amico filosofo, solo un uomo può essere un fallito, non un animale: ecco la prova della scintilla divina che ci anima! Andreas, un clochard parigino, è il protagonista della magnifica Leggenda del santo bevitore di Joseph Roth, che ha conosciuto la pure magnifica versione cinematografica di Ermanno Olmi. Una notte sotto un ponte della Senna riceve duecento franchi da un misterioso signore affascinato da Santa Teresa di Lisieux: ma dovrà restituirli “nelle mani del prete” dopo la messa delle dieci in Santa Maria di Batignolles, la chiesa che ospita una statua della Santa. L’incontro provoca nel clochard un sussulto di dignità. Ed è questo il vero miracolo suscitato dalla carità anche quando appare sprecata: quel momento di grazia non andrà perduto, è parte di un eterno su cui vigila la mano misericordiosa del Padre. In una serie di nuovi fallimenti e nuovi miracoli, il clochard perderà e riconquisterà più volte il piccolo tesoro sino a quando, deciso a saldare il debito, si reca alla chiesa fermandosi però prima in un bistrot. L’ultima bevuta gli è fatale. Ormai moribondo, viene soccorso da una ragazzina che si chiama Teresa e che lui scambia per la Santa verso cui è debitore. Portato nella sagrestia della chiesa, muore indicando la tasca dove tiene il denaro e invocando la “Signorina Teresa”. Lo scrittore conclude: “Che il Signore conceda a tutti noi, a noi bevitori, una morte tanto lieve e bella!”. Dove, come si vede, include anche se stesso nella categoria. Ma in fondo in quel “noi” ci possiamo riconoscere tutti, bisognosi di grazia.

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