L’esperienza di Dorothy

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di MARIA PIA E GIANNI MUSSINI

Tra le Donne in cerca di guai del libro di cui abbiamo già parlato, Gianni ha incluso anche Dorothy Day (1897-1980), nome da noi sconosciuto almeno sino al 2015. In quell’anno, dinanzi al Congresso degli Stati Uniti, Papa Francesco la ricordò come una delle quattro figure che meglio rappresentano l’anima americana. Con lei due giganti come Abraham Lincoln e Martin Luther King, e lo scrittore cristiano Thomas Merton, autore di libri intensi tra cui La montagna dalle sette balze (1948) ove racconta la propria adesione al marxismo sino alla conversione che lo portò a farsi monaco trappista. (Scelta controcorrente di un Pontefice che molti superficiali vorrebbero “comunista”…). Ma la sorpresa fu appunto Dorothy Day, fondatrice del movimento dei lavoratori cattolici e animata da una fervente passione per la giustizia ispirata dal Vangelo e “dall’esempio dei santi”, come disse il Papa. Non sempre Dorothy era stata credente. Lo racconta lei stessa nell’autobiografia, uscita da poche settimane, Ho trovato Dio attraverso i suoi poveri. Dall’ateismo alla fede: il mio cammino interiore, con prefazione dello stesso Papa Francesco (Libreria Editrice Vaticana). Ma è raccomandabile anche il volume di Giulia Galeotti Siamo una rivoluzione! Vita di Dorothy Day, (Jaca Book, 2022). Di formazione anticlericale, femminista e pro choice in merito all’aborto, Dorothy si era battuta a lungo per la parità di genere e il controllo delle nascite. La sua vita cambiò dopo la drammatica esperienza di un aborto procurato (di cui si sarebbe pentita ogni giorno dell’esistenza), con il successivo approdo al cattolicesimo. Da allora rimase fedele al cuore delle proprie posizioni socio-politiche, battendosi per esempio contro il franchismo e poi contro la guerra del Vietnam. E diede a queste battaglie una nuova intonazione cristiana e le arricchì di nuovi contenuti. Come spiega Cristina Carpinelli su Noi Donne, “il suo spirito antiautoritario, antimperialista, così come la sua difesa dei diritti delle donne e dei neri si coniugheranno sempre più con un vero attaccamento alla tradizione religiosa”: ciò che la porterà a rifiutare il Sessantotto e la rivoluzione sessuale di quegli anni. Così, su aborto e divorzio Dorothy asseconderà sempre strenuamente l’insegnamento della Chiesa, sostenendo che “non c’è stato soltanto il genocidio degli ebrei” ma anche “un intero programma di controllo delle nascite e aborto, che è un altro genocidio”. Il suo è, insomma, un misto di conservatorismo e progressismo che non stupisce abbia colpito una figura per certi versi analoga come quella di Papa Bergoglio. L’esperienza di Dorothy insegna, tra il resto, che l’incontro con la bellezza del concepito (lo “sguardo” di cui parlava sempre Carlo Casini) cambia la vita, aiutando a farsi prossimo di fratelli e sorelle che vivano in qualsiasi forma di emarginazione e sfruttamento.

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