Il fermento dell’arte tra Neoclassicismo e Romanticismo
Tre significative mostre uniscono idealmente Tortona a Milano e Torino illustrando il passaggio epocale che sfociò nella pittura del grande Francesco Hayez
In un ideale triangolo artistico, Tortona, Milano e Torino tracciano in questi mesi un interessante itinerario di scoperta e rivalutazione di quel fermento culturale che, dalla fine del Settecento a tutto l’Ottocento, segna una delle stagioni più feconde dell’arte. Le mostre tortonesi di Felice Giani, che celebrano il compimento dell’ideale neoclassico, si intrecciano con l’esposizione milanese di Palazzo Reale dei capolavori della pittura rivoluzionaria di Goya e accompagnano all’emozionante incontro con l’arte romantica del geniale pennello di Francesco Hayez.
Tutti tre gli artisti vissero, sia pur in diverse fasi della loro esistenza, il passaggio epocale dall’Ancien Regime alle istanze innovatrici della modernità, passando per la bufera napoleonica. Postuliamo contatti artistici tra Giani e Goya perché notiamo nei disegni dal tratto incisivo e potente degli anni 1796-97, quell’essenzialità dell’immagine che suggerisce il riferimento al pittore spagnolo. Così pure ripercorrendo l’itinerario formativo di Hayez, soprattutto il suo soggiorno romano e la vicinanza con Canova, non possiamo esulare da una conoscenza della pittura di Giani e dei suoi stilemi neoclassici; vediamo infatti permanere a lungo nel pennello di Hayez valori formali di carattere neoclassico, quelli stessi che lo portarono alla ribalta, quando nel 1812 con il suo Laocoonte, vinse il Gran Premio di Pittura dell’Accademia di Milano, a cui aveva partecipato su suggerimento di Canova stesso.
Su questo sfondo straordinario, va collocato l’apporto che la nostra terra diede all’evoluzione artistica che segnò il passaggio dal Neoclassicismo al Romanticismo, passando anche per le istanze orientaliste e preraffaellite. Come dimenticare il vogherese Paolo Borroni nel suo incontro-scontro con Goya stesso, che nel 1771 relegò al secondo posto, vincendo il celebre concorso di pittura dell’Accademia di Parma con la tela Il genio della guerra guida Annibale attraverso le Alpi. Ugualmente andrebbero studiati e contestualizzati in questa prospettiva anche il castelnovese Tirsi Capitini, portatore nei suoi quadri di raffinati elementi orientalisti, e i fratelli gavesi Luigi e Francesco Montecucco, traghettatori verso il Romanticismo della secolare tradizione scultorea della statuaria sacra genovese.
Ritroviamo tutte queste istanze nella gigantesca figura di Francesco Hayez che nel Romanticismo sta alla pittura come Manzoni alla letteratura. Nella mostra allestita a Torino alla Galleria Civica di Arte Moderna (GAM), visitabile fino al 1° aprile 2024, è presentato il genio di questo grande artista romantico in una inedita forma espositiva. Infatti, arte, storia e politica si intrecciano accompagnando il pubblico alla scoperta del mondo di Francesco Hayez. All’interno dell’officina stessa del pittore, per svelarne tecniche e segreti. Un percorso originale che pone a confronto dipinti e disegni, con oltre 100 opere provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private cui si aggiungono alcuni importanti dipinti dell’artista custoditi alla Galleria AM, come il Ritratto di Carolina Zucchi a letto (L’ammalata) e l’Angelo annunziatore.
Attraverso dieci sezioni in successione cronologica, il percorso espositivo inizia dagli anni della formazione tra Venezia e Roma, dove Hayez ha modellato gli esordi della sua arte alla scuola dell’amico Antonio Canova, fino alla prima affermazione milanese, per raggiungere gli ultimi cimenti della maturità. La mostra vuole proprio rievocare l’intensa vicenda biografica e il percorso creativo dell’artista, per mostrare come Hayez sia stato protagonista di cambiamenti epocali, testimoniando il passaggio dal Neoclassicismo al Romanticismo, di cui è stato in Italia creatore e indiscusso protagonista, fino alle nuove istanze realistiche affermatesi dopo l’unità nazionale.
Francesco Hayez infatti “non solo per la sua arte, ma anche per le idee politiche è da considerarsi, insieme a Manzoni e Verdi, tra i Padri della Patria” – commenta il curatore della mostra Fernando Mazzocca, ricordando come Canova negli anni della formazione “lo ha sostenuto con la convinzione che diventasse l’artista capace di riportare la pittura italiana alla sua grandezza perduta, così come lui aveva fatto in scultura”. E così fu al punto da essere riconosciuto da Stendhal come “il maggiore pittore vivente” della sua epoca.
don Maurizio Ceriani