«A Betlemme la rivelazione ultima del Suo volto di amore»

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L’intervista. A pochi giorni dal Natale abbiamo rivolto alcune domande al nostro vescovo Mons. Guido Marini per riscoprire, grazie alle sue parole, il significato autentico di questa festa in cui Dio si fa bambino e viene in mezzo a noi

Partiamo dalla musica. Non un canto tradizionale, come quelli che si diffondono nelle vie delle città, illuminate da mille luci. Ma qualcosa di più “pop”, come Il Popolo. “O è Natale tutti i giorni. O non è Natale mai”: ecco una canzone di Jovanotti e Luca Carboni di qualche anno fa.

Come può essere Natale tutti i giorni, nella vita della nostra comunità, delle nostre famiglie, di ciascuno di noi?

«Mi permetta un piccolo chiarimento in relazione al testo della canzone citata. In realtà, il Natale è qualcosa che è accaduto, un fatto che sarà sempre e per sempre indipendentemente dalla dimensione soggettiva della nostra accoglienza. In quel fatto, accaduto a Betlemme più di duemila anni fa, sta la rivelazione ultima del volto di Dio, “follemente” innamorato dell’uomo, di cui Egli è non solo il Creatore, ma anche il Salvatore e il Redentore. A Natale facciamo memoria dell’avvenimento straordinario che ha segnato per sempre la nostra storia e la nostra vita. La gioia vera è entrata nel mondo, perché il Verbo si è fatto carne, Dio si è fatto bambino ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, per noi e per la nostra salvezza. Quell’avvenimento, poi, si rinnova nella vicenda personale di noi tutti, quando spalanchiamo le porte del nostro cuore al Signore Gesù che viene a visitarci, sempre e con assoluta fedeltà d’amore. Allora la Sua vita diventa la nostra, il Suo amore è riversato nel nostro cuore e il nostro vivere, direbbe san Paolo, diventa Gesù Cristo. Ecco che cosa significa “Natale tutti i giorni”: l’accoglienza della vita nuova in Cristo nella quotidianità dell’esistenza, la presenza di Gesù in noi in quanto Salvatore e Redentore che cambia noi e il nostro modo di stare nel mondo».

Viviamo momenti difficili. Guerre, povertà, violenza. Situazioni di disagio a vari livelli che coinvolgono anche i più giovani. Natale, invece, è festa di speranza. Come possiamo ritornare a sperare in un mondo migliore?

«In realtà già sant’Agostino – e siamo nel III secolo dopo Cristo – rifletteva sulle difficoltà del suo tempo. E alla domanda mi sento di rispondere riproponendo le sue parole, sempre tanto attuali: “Voi dite: «I tempi sono cattivi; i tempi sono pesanti; i tempi sono difficili ». Vivete bene, e muterete i tempi; se mutate i tempi, non avrete più da lamentarvi. Cosa sono infatti i tempi, fratelli miei? Estensioni e rotazioni di mondi. Il sole è sorto; passate dodici ore tramonta in un’altra parte del mondo; la prossima mattina sorgerà di nuovo. Conta quante volte: questi sono i tempi. Chi è stato danneggiato dal sorgere del sole? Chi è stato danneggiato dal suo tramonto? Dunque, il tempo non ha mai danneggiato nessuno. Coloro che danneggiano, sono uomini; coloro che vengono danneggiati, sono uomini. O quale grande dolore! Gli uomini sono danneggiati, gli uomini sono derubati, gli uomini sono oppressi. Da chi? Non dai leoni, non dai serpenti, non dagli scorpioni, ma dagli uomini. Chi viene offeso, ne soffre. Ma se potesse, non farebbe egli ciò che condanna? Vivete bene, e muterete i tempi; se mutate i tempi, non avrete più da lamentarvi”. E poi non dimentichiamo che il solo mondo veramente migliore è quello che ci attende nei cieli nuovi e nella terra nuova. Una tale speranza, nella logica della fede, non deve mai venire meno né perdere di vigore ».

Nel presepe, la notte di Natale, deporremo un Bambino. Dio ha scelto di incarnarsi nell’essere più fragile e bisognoso. Che cosa ha ancora da dire agli uomini e alle donne del nostro tempo quel neonato avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia?

«Niente altro se non ciò che, per il tramite degli angeli, è già stato detto una volta per tutte ai pastori di Betlemme la notte della nascita di Gesù: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino in fasce, adagiato in una mangiatoia”. In queste parole è annunciata all’umanità di ogni tempo la salvezza di tutti in Gesù, il Figlio di Dio fatto bambino. E in questo fatto, in questo avvenimento, è la rivelazione definitiva di Dio e del Suo volto di amore. Dio non è più l’oggetto della ricerca, mai compiuta, da parte dell’uomo. Dio è Colui che viene all’uomo per visitarlo, salvarlo, introdurlo nella vera vita, nella vera gioia e nella vera pace. Ciascuno di noi non è più assillato da un “devi” che appesantisce l’esistenza e dal cammino moralistico verso una meta che si rivela irraggiungibile. Ciascuno di noi riceve, invece, in dono il “puoi”, perché ciascuno, in virtù del Signore Gesù, riceve la grazia della vita nuova e di poter vivere come figlio amato e animato dalla carità, il dono della stessa vita di Dio che vince il peccato, il male, la morte, il non senso dell’esistenza. È la grazia di una vita secondo la misura stessa della Vita di Dio».

A proposito di presepe, quest’anno ricorre l’800° anniversario del “Natale di Greccio”. Nel presepe tutti hanno il loro posto, ogni personaggio ci aiuta a entrare nella profondità del mistero del Verbo che si fa carne. Quale personaggio del presepe vorrebbe essere e perché?

«Mi piacerebbe somigliare sempre di più all’incantato. È un personaggio singolare all’interno del presepe. In mano non porta nulla. Inginocchiato davanti alla mangiatoia, dove è stato deposto il Bambino Gesù, non ha altro da dare se non la sua gioia, il suo stupore, la sua gratitudine. Così facendo, in realtà dona tutto. Perché dona la propria stolta pretesa di poter donare qualcosa a Gesù, di poter presentare il proprio bagaglio di opere buone, di salvarsi con le proprie forze. In tal modo l’incantato ci conduce al cuore dell’esperienza di fede e alla sua radice. Cuore e radice della vita cristiana, infatti, sono proprio la gioia, lo stupore e la gratitudine per il Dono dei doni, riconosciuto e annunciato: Gesù Cristo nostro Signore e Salvatore. Questo abbiamo da dare al Signore, prima di tutto. Il resto viene solo dopo ed è una conseguenza».

C’è un Natale che ricorda più di altri nella sua vita?

«Davvero non saprei. Ogni Natale è unico ed è stato unico. E ciò che lo rende sempre unico è Gesù, Dio fatto bambino per noi. Certo, una dolcezza singolare la riavverto ancora oggi da adulto quando ritorno con i ricordi ai giorni della mia infanzia. In famiglia si andava a dormire la sera della vigilia, in attesa di svegliarsi il giorno seguente, per scoprire che cosa il Bambino Gesù avesse portato in dono a tutti noi, segno del Suo amore per noi. Quelle sere e quelle mattine avevano il gusto di una gioia purissima, il clima di un calore unico, il senso dell’attesa impaziente verso il più Desiderato. E forse è anche proprio in quelle sere e in quelle mattine del Natale che ho appreso, fin da bambino, la bellezza del volto del Signore e la tenerezza della Sua presenza innamorata».

Quale regalo vorrebbe ricevere per questo Natale? Qual è la sua attesa? E la sua preghiera?

«Da pochi giorni, la mia famiglia ha conosciuto la gioia della nascita di una nuova vita. È nato un mio pro nipote. Prendendolo in braccio, ho ripensato alla parola di Gesù che ci invita a essere bambini, completamente affidati alle Sue cure. Ecco, dunque, la mia attesa e la mia preghiera: essere un po’ più bambino, secondo la richiesta del Signore, e così capace davvero di abbandonarmi tra le Sue braccia, credendo fino in fondo all’amore che Egli ha per me».

Infine le chiedo un augurio. Per la nostra Diocesi. Per i nostri sacerdoti. Per le nostre famiglie. Per i nostri lettori. Per chi ha più bisogno di quella grande luce che vide un popolo che camminava nelle tenebre.

«Auguro a tutti di non temere il Signore che viene, di non aver paura di Gesù che viene a visitare la nostra vita, di abbandonare ogni incertezza e ogni ritardo nell’aprire e spalancare le porte del cuore a Colui che è l’unico, vero Salvatore del mondo. Egli non è un Dio geloso della nostra gioia, non è un concorrente della nostra sete di vita, non vuole depauperarci dei desideri più belli e intensi del cuore. Egli vuole darci tutto e molto di più di quanto possiamo immaginare e sperare, perché è dalla nostra parte, è nostro vero alleato, è la Vita vera a cui tutti aspiriamo con tutte le fibre del nostro essere. Lo ripeto ancora una volta a tutti: “Nulla è meglio di Gesù Cristo”!».

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