La sentenza sul caso Gestione Acqua

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L’azienda novese commenta le decisioni prese dal Tribunale di Alessandria

NOVI LIGURE – Il tribunale di Alessandria ha emesso la sentenza di primo grado inerente al contenzioso fra Gestione Acqua e Amag Reti idriche, circa la richiesta da parte della società novese di un credito pari a 2 milioni e 375 mila euro, secondo le risultanze della consulenza tecnica, affidata dai tre gestori (Amag Reti idriche, Comuni Riuniti e la stessa Gestione Acqua), relativamente al calcolo della perequazione per l’anno 2020. Il giudizio di primo grado rigetta le pretese economiche di Gestione Acqua, perché il giudice ha ritenuto che il mandato dato dai gestori al consulente difettasse di potere vincolante fra i tre committenti. «Pur riservandoci le opportune tutele legali fino alla conclusione della vicenda giudiziaria, auspichiamo il corretto ripristino dei normali rapporti fra i gestori, coerentemente all’esortazione contenuta nella sentenza», fanno sapere dal gruppo Gestione Acque. Nonostante la sentenza di primo grado contraria, l’azienda ha dichiarato di rimanere ferma sull’intenzione di “vedersi riconosciute le proprie prerogative patrimoniali”, annunciando di voler ricorrere in Corte d’appello pur volendo mantenere uno “spirito collaborativo” nei confronti Amag e Comuni Riuniti. «La frammentazione che noi abbiamo nel nostro ATO (Ambito Territoriale Ottimale) è assurda e ha già creato in più occasioni problemi come diseconomie e cattivi funzionamenti. – sottolinea Vittorio Risso, direttore di Gestione Acqua – Con tutte le incombenze che ogni giorno Arera impone, i più piccoli non ce la fanno più». Stefano Gabriele, presidente dell’azienda novese, aggiunge che «è singolare la motivazione con la quale il Tribunale di Alessandria ha rigettato le pretese della nostra società. Ha ritenuto di non potersi esprimere. Pertanto, non ha affrontato nel merito la controversia asserendo che il mandato conferito dai tre gestori al consulente non avesse forza di vincolo per gli stessi committenti. In altre parole, i risultati prodotti dal lavoro del consulente non farebbero sorgere giuridicamente rapporti di debito/credito fra le parti». Il tribunale ha invitato i soggetti coinvolti ad assumere un atteggiamento conciliante per individuare un metodo condiviso per il calcolo della perequazione. «Evidenziamo, non senza amarezza, come la sentenza di primo grado svilisca il principio della perequazione relegandolo a un mero fatto contrattuale fra le parti, – conclude Gabriele – non considerandolo, invece, un istituto previsto dalla legge e dalla normativa tariffaria Arera, cioè l’autorità di regolazione del servizio idrico integrato».

Luca Lovelli

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