Il vescovo visita i malati all’ospedale di Voghera

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Ha celebrato la Messa nella cappella del nosocomio per la festa di san Biagio

VOGHERA- Sabato 3 febbraio il vescovo Mons. Guido Marini ha visitato i malati dell’ospedale di Voghera. È stato accolto dal cappellano, l’orionino don Luciano Ragazzo, dal diacono Nicola Radicci, dalle dottoresse Isabella Rapetti, Roberta Quaglini ed Emanuela Virginia D’Agostino, che lo hanno accompagnato in alcuni reparti. Poi nella cappella del nosocomio, Mons. Marini ha celebrato la S. Messa a cui hanno partecipato il personale sanitario, i volontari e numerosi fedeli. Per l’occasione è stato benedetto il nuovo altare. Nell’omelia il vescovo ha evidenziato come «sia bello e significativo che in un luogo in cui quotidianamente si combatte con la malattia, per vincerla, debellarla e dare guarigione del corpo, del fisico, ci sia anche la cappella nella quale si combatte quotidianamente contro un’altra malattia, quella del cuore, dell’anima». «E se la malattia del corpo – ha detto – pesa nel cammino della nostra vita dovremo anche ricordare che è molto più pesante la malattia del cuore e dell’anima. E vogliamo sentirci tutti quanti dei degenti del cuore e dell’anima, e proprio in quanto degenti, ammalati, rimanere in ascolto di quella parola che il Signore ci dona e che è parola di guarigione, di salvezza e di vita». Soffermandosi sulle letture del giorno, il vescovo ha invitato a riflettere sull’importanza di riconoscere che la nostra vita è un soffio nelle mani di Dio, ma è amata e protetta da Lui, che tutti siamo chiamati ad annunciare il Vangelo e che, come la suocera di Pietro dopo la guarigione, dobbiamo essere pronti a “servire” e a vivere pienamente la nostra vita di fede. La cerimonia si è conclusa con la tradizionale benedizione della gola in onore di san Biagio. Il cappellano ha, invece, ricordato il venerabile Frate Ave Maria (Cesare Pisano), eremita cieco della Congregazione di Don Orione, morto esattamente 60 anni fa, che proprio nell’ospedale vogherese aveva trascorso i suoi ultimi giorni di vita e, nonostante il divieto dei medici, aveva l’abitudine di buon mattino di recarsi in cappella per pregare davanti al SS. Sacramento.

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