Le patate italiane rischiano di scomparire
As.Pro.Pat la cooperativa di Castelnuovo chiude i battenti. Una grave perdita per l’agricoltura
CASTELNUOVO SCRIVIA – Di campi coltivati a patate nelle campagne piemontesi non se ne vedono più da tempo. Ora è confermata anche la notizia che già girava da un po’ di tempo: non c’è più mercato per questa produzione e in Bassa Valle Scrivia è l’As.Pro.Pat ad annunciare che non avvierà la prossima stagione. «Purtroppo non c’è una via di ritorno: è meglio fermarsi, prima di farci del male» ha commentato amareggiato Cesare Balsamo, presidente della cooperativa che iniziò la sua avventura nel 1985, con la costituzione di un’associazione regionale di produttori di patate per la gestione del prodotto destinato alle industrie di trasformazione. «La politica europea del Green Deal non ci ha aiutato: – ha aggiunto Balsamo – negli ultimi 5 anni il crollo delle produzioni italiane da fresco e da industria è sotto gli occhi di tutti. Colpa dell’infestazione degli elateridi o “ferretti” delle patate che in tutto il Paese, ma soprattutto al nord, attaccano e compromettono, bucandolo, il tubero, rendendolo non più appetibile per la commercializzazione nella grande distribuzione: le direttive europee ci vietano di combattere questo parassita con l’insetticida Fipronil. Per assurdo, però, nella vicina Francia, nei campi dove si coltivano ancora le barbabietole, si procede a una sorta di “pulizia” indiretta del terreno che permette alle patate di essere seminate subito dopo e di crescere senza bucarsi. Saremo obbligati a mangiare le patate francesi oppure altre patate export». Anche le grosse cooperative emiliane sono in crisi e nonostante si sia cercato di lanciare l’allarme, a suo tempo, anche attraverso l’Unapa a Roma, con la partecipazione delle organizzazioni dei produttori, nulla si può fare. «Sono presidente di As.Pro.Pat da 20 anni – ha proseguito Balsamo:– mi hanno eletto nel 2003, eravamo tutti entusiasti e orgogliosi del nostro operato. Negli ultimi anni, però, siamo passati da una media di 120.000 quintali di patate conferite annualmente ai 25.000 quintali del 2023. Da cento imprenditori agricoli che eravamo, l’anno scorso sono stati solo una decina ad averci portato le loro patate». Ora il capannone costruito nel 2009 (nella foto) alle porte di Alzano Scrivia e Molino dei Torti, con un contributo della Regione Piemonte e con il sostentamento economico dei soci, rischia di diventare una cattedrale nel deserto: «Stiamo cercando di coinvolgere un gruppo che si occupa di cereali – cha oncluso Balsamo – affinché possa entrare e dare un seguito a quella che per noi è stata la nostra casa. Questa nostra sconfitta è, co-me per la barbabietola, una grande perdita per l’agricoltura italiana».
Alessandra Dellacà