Il tempo del “dopo mensa”
Di Davide Bianchi
Il plesso nel quale lavoro è organizzato secondo l’orario del tempo pieno. La maggior parte dei bambini pranza nel refettorio usufruendo del servizio mensa. Alcuni invece vanno a casa a mangiare per poi ritornare a scuola alle 14.30. Gli insegnanti, in servizio nel pomeriggio, pranzano anch’essi insieme ai propri alunni nel locale adibito alla mensa. Naturalmente, essendo un luogo ampio in grado di ospitare contemporaneamente più di un centinaio di bambini, il refettorio, nel momento del pranzo, diventa un posto alquanto rumoroso e su di me ha a volte un effetto decisamente frastornante. Al termine del pranzo, alle 13.00, si rientra in classe per la ricreazione. I bambini trascorrono un’ora e mezza di “dopo mensa” in cui giocano e svolgono diverse attività a loro piacimento. Ogni volta che rientriamo in classe, chiedo loro almeno due minuti di silenzio, giusto per ripristinare un po’ di equilibrio andato perso nella baraonda acustica di prima. Poi inizia la nostra pausa. Io solitamente resto alla cattedra a svolgere un po’ di scartoffie e a guardare ovviamente cosa combinano. Spesso si organizzano spontaneamente in gruppetti: c’è chi si costruisce libretti con dei ritagli di carta, c’è chi si esercita alla finestra a fare decalcomanie, chi, come me, ha del lavoro da recuperare. Alcuni girano tra i banchi con l’aria indecisa di quelli che non hanno ancora capito come impiegare il loro tempo libero. C’è chi insegna ai compagni canzoni in spagnolo che poi mi verranno cantate esibendosi in performance indimenticabili, e chi non aspetta altro per raccontarmi tutta la sua giornata nei minimi dettagli. Ci sono un paio di bambine dotate di una loquacità e una simpatica disinvoltura nel dialogare con l’adulto che a tratti è quasi stupefacente. Solitamente queste adorano anche accompagnarmi a bere il caffè in sala insegnanti. Ogni tanto le accontento. Per loro è la massima aspirazione della giornata. D’altronde le capisco, perché è un’ottima occasione per farsi un giretto per l’edificio, dopo avermi intrattenuto con il loro repertorio, al fine di poter magari fare altrettanto con tutti gli adulti che incontrano: siano essi colleghe, personale di segreteria o perfino il dirigente. È sufficiente una semplice domanda o un complimento da parte di uno quest’ultimi, per dare avvio a quella che potrebbe essere una lunga surreale chiacchierata. Proprio come in una polis, anche a scuola il fare comunità precede ogni nozione o concetto.
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