Generale, così proprio non va!

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Una proposta che fa discutere. Anche la Cei è intervenuta sull’idea di Roberto Vannacci di creare a scuola classi separate per i disabili: «Queste affermazioni ci riportano ai periodi più bui della nostra storia»

Di Marco Rezzani

D alle classi per disabili a Benito Mussolini definito “statista”, fino agli italiani che “hanno la pelle bianca”. È il “Vannacci pensiero”, esplicitato nel corso di un’intervista che il generale Roberto Vannacci, fresco di candidatura alle europee nelle fila della Lega, ha rilasciato al quotidiano La Stampa nei giorni scorsi.

“Credo che delle classi con ‘caratteristiche separate’ – le sue parole al giornale torinese – aiuterebbero i ragazzi con grandi potenzialità a esprimersi al massimo, e anche quelli con più difficoltà verrebbero aiutati in modo peculiare. Non è discriminatorio. Per gli studenti con delle problematiche mi affido agli specialisti. Non sono specializzato in disabilità. Un disabile, però, non lo metterei di certo a correre con uno che fa il record dei cento metri. Gli puoi far fare una lezione insieme, per spirito di appartenenza, ma poi ha bisogno di un aiuto specifico”.

E ancora: “Non vedo perché sia necessario dotarsi della patente di antifascista per esprimere le proprie opinioni. Rivendico anche la considerazione su Mussolini, che è uno statista come lo sono stati anche Cavour, Stalin e tutti gli uomini che hanno occupato posizioni di Stato: è la prima definizione di ‘statista’ sul dizionario”. Ed è stata subito bufera con commenti critici giunti in formato bipartisan, da Destra, Centro e Sinistra e persino dal partito di Vannacci, quella Lega che si è affrettata a parlare di lui come “candidato indipendente”.

A poco sono valse le dichiarazioni dello stesso generale che il giorno dopo la pubblicazione ha affermato che sono state «snaturate le mie parole sui disabili», precisando di non aver detto che «vanno separati, è iniziata la campagna elettorale», concludendo che «gli articoli vanno letti senza fermarsi ai titoli».

Chiara e netta la posizione della Chiesa italiana. «Pur nel rispetto di ogni opinione e di ogni scelta politica qui è in gioco una visione culturale della vita. Queste affermazioni ci riportano ai periodi più bui della nostra storia. Mi permetto di dire, con Papa Francesco, che l’inclusione è segno di civiltà» – ha chiarito il vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, monsignor Francesco Savino sulle affermazioni del generale. Per il vescovo di Cassano all’Jonio «la differenza non è un problema ma una risorsa. Le classi separate riproducono i ghetti. La separazione in classi diverse per i fratelli disabili significa che sono da emarginare o guardare con sospetto. E invece loro hanno tante abilità che noi non abbiamo». È in gioco – aggiungiamo noi il rispetto della dignità dell’uomo, di ogni uomo. Tra le molte analisi ci piace segnalare, nell’anno in cui, dopo le Olimpiadi, dal 28 agosto all’8 settembre si terranno a Parigi le Paralimpiadi, quella del presidente del Comitato italiano paralimpico Luca Pancalli per il quale l’idea delle classi separate per i disabili “è una proposta inaccettabile e retriva, per fortuna la società è più avanti. La scuola italiana per prima in Europa, nel lontano 1976, ha abolito le classi differenziali favorendo una piena inclusione degli alunni ed alunne disabili dando loro opportunità di crescita come ai loro compagni con la possibilità di essere cittadini migliori in un Paese privo di ghetti e recinti bensì civile e solidale. Un fatto di cui essere orgogliosi e che non avrei mai immaginato potesse tornare a essere motivo di discussione”.

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