Tu bombarda, che io studio

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Di Ennio Chiodi

Proprio un centinaio di anni fa – giorno più, giorno meno – in una parte di questo Paese che oggi conosciamo soprattutto per la straordinaria bellezza dei suoi paesaggi e per la sua vocazione turistica, si svolgeva un dramma dimenticato e mai raccontato nelle nostre scuole. Eppure la scuola era al centro – in quel Tirolo del Sud che chiamiamo Alto Adige– di brutali vicende causate dalla volontà del regime fascista di “italianizzare” con la violenza la popolazione di madre lingua tedesca e il territorio in cui viveva, da poco annesso all’Italia dopo la prima guerra mondiale. La popolazione, che parlava da sempre il tedesco e il ladino retoromancio, doveva diventare “italiana” non solo nei documenti ufficiali, ma nella storia personale e familiare, nella secolare cultura, nella profonda identità. Per facilitare questo perverso processo – che avrebbe portato anche a forme di pulizia etnica e a trasferimenti forzati – il regime fascista affidò al trentino Ettore Tolomei, geografo di formazione e nazionalista per vocazione, il compito di cancellare la lingua tedesca dagli uffici pubblici, dalle relazioni ufficiali, dai toponimi geografici, perfino dai cognomi delle famiglie – spesso italianizzati in modo anche grottesco – ed ovviamente dall’insegnamento nelle scuole. Per tutta risposta nacquero per iniziativa di insegnanti coraggiosi, alcuni dei quali finiti in carcere e al confino, e con il sostegno della Chiesa, numerose scuole clandestine, nascoste nei masi e in luoghi protetti delle valli e dei villaggi. Si insegnava ai bambini il tedesco e in tedesco. Le chiamavano “Katakombenschulen”, le scuole nelle catacombe, per indicare iniziative e movimenti “sotterranei” rispetto alla legge e al diritto imposto con la violenza. La vicenda torna alla mente – di questi tempi– seguendo le notizie che giungono dall’Ucraina e in particolare da Kherson, la città sulle rive del Dnepr, sottoposta a bombardamenti sempre più pesanti. È nella nascente “Kherson di Sotto” – nel senso proprio di città che cresce sottoterra – che, tra le altre iniziative di sostegno, si sviluppano le “Scuole nelle catacombe”, scuole sotterranee dove le finestre sono dipinte sui muri di cemento delle gallerie e i bambini disegnano paesaggi e cieli luminosi: luoghi aperti dove, invece, hanno tanta paura di stare, come ci raccontano bravi giornalisti che raccolgono notizie ed emozioni, storie e sentimenti. Quei bambini sono affetti da balbuzie e disturbi del comportamento, ma studiano caparbiamente, istintivamente convinti di quanto sarà preziosa la loro vita per la vita degli altri in un futuro in cui torneranno a vedere il cielo e giocare sul fiume, senza paura e con la gioia che oggi sono costretti a reprimere.

enniochiodi@gmail.com

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