«Ascoltate il grido dei più piccoli come ha fatto Gesù»

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La piaga della pedopornografia. Il Papa ne ha discusso al G7 e sabato a Catania sono state arrestate 9 persone grazie all’indagine della Polizia postale, mercoledì a Brescia un professore di religione. Un fenomeno terribile che nega l’infanzia ai bambini abusati. Per saperne di più, abbiamo intervistato don Fortunato Di Noto, il sacerdote siciliano da sempre in prima linea contro gli abusi sui minori

Di Daniela Catalano

Nel suo discorso al vertice del G7 in Puglia, il Papa ha proposto un’interessante riflessione sull’intelligenza artificiale (come avete letto nella pagina qui a fianco), sottolineando i rischi e le insidie che può nascondere e il possibile uso distorto che se ne può fare. Come quello che vede l’AI impiegata nel campo della pedopornografia online, fenomeno in continua e drammatica espansione. «La pedopornografia non è un gioco, è una delle forme più abiette e pericolose a danno dei minori e insieme alla pedofilia è un vero e proprio crimine. Su questa piaga sociale non si può abbassare mai l’attenzione». A dirlo in modo forte e deciso è don Fortunato Di Noto, il sacerdote siciliano della Diocesi di Noto che nel web ha posto le radici della sua missione. Le “periferie digitali” sono il luogo in cui investe da più di 30 anni le sue energie impegnandosi, senza tregua, proprio nella lotta alla pedofilia e alla pedopornografia. A lui abbiamo chiesto perché non si deve mai smettere di parlarne e quali sono le azioni dell’associazione “Meter” che ha fondato agli inizi degli anni ’90 dopo aver scoperto in rete una sorta di “olocausto” perpetrato attraverso la produzione e la divulgazione di materiali a danno di minori. Intanto sabato scorso la Polizia postale di Catania ha arrestato 9 persone, al termine di un’importante operazione di contrasto alla pedopornografia digitale, che ha visto indagati 26 soggetti in tutta Italia e ha portato al sequestro di migliaia di file con video raccapriccianti.

Perché è importante tenere alta l’attenzione sulla pedopornografia?

«È necessario mantenere sempre alta l’allerta perché parliamo di bambini violati. In quelle foto e in quei video ci sono dei bambini già abusati, ai quali è stata negata l’infanzia e la bellezza della vita. Deturpati per sempre. Quando all’inizio degli anni ’90 ho iniziato ad appassionarmi alle nuove tecnologie, ho scoperto che da un lato sono strumenti di comunicazione funzionale e positiva, dall’altro di diffusione di orrori e violenza. Dopo il ritrovamento di immagini pedopornografiche e di alcuni proclami sulla pedofilia culturale, ho sentito forte una vocazione dentro alla vocazione al mio sacerdozio: ho capito che dovevo lottare contro gli abusi all’infanzia, per la tutela dei bambini e della loro innocenza. Dovevo fare una scelta: o rimanere indifferente, o chiedere al Signore il perché di quella situazione. E ho deciso di ascoltare il grido di quei piccoli nei quali ho avvertito forte il richiamo di Gesù che nel Vangelo è molto drastico con chi ne fa oggetto di violenza. Ho iniziato così a occuparmi di questo tema quando era ancora tabù. Io, prete del Sud, mi sono impegnato a dare voce a questi innocenti, cercando non solo di capire ma anche di prevenire gli abusi. Parlare di pedopornografia e di pedofilia significa parlare delle vittime e della dignità violata dei piccoli».

Che cosa è cambiato in questi 30 anni di attività dell’associazione “Meter”?

«Sicuramente è cambiata la tecnologia che oggi è molto avanzata e si serve anche dell’intelligenza artificiale, utilizzata facilmente dalla pedocriminalità, ma i numeri restano, ora come allora, non quantificabili. Noi pubblichiamo sul nostro sito il report annuale realizzato sotto la supervisione della Polizia postale dal quale emerge che siamo di fronte a dati inquietanti: milioni e milioni di foto e video che corrispondono ad altrettanti bambini abusati, dai neonati fino ai preadolescenti di 12-13 anni, perché il pedofilo vuole spesso prepuberi da poter manipolare come vuole. Ci sono delle preferenze di età e sono molto diffusi i casi di neonati sottoposti a violenze sessuali, addirittura da parte delle madri. È molto diffuso, infatti, il fenomeno delle “pedomamme”. Il problema è complesso e traversale perché passa da una parte dalla questione dell’abuso, della sottomissione e della manipolazione e dall’altra dall’esistenza di una struttura pedocriminale che rende i bambini merce sfruttata e la loro violazione materiale un business da sfruttare in rete e da cui trarre indecenti profitti. Noi da anni stiamo cercando di far capire che la pedopornografia non è un gioco ma un fatto gravissimo. Dal punto di vista legale, in Italia abbiamo un sistema di leggi fatte bene che permettono di intervenire e la Polizia postale italiana è un fiore all’occhiello anche a livello europeo e non solo. C’è sicuramente un contrasto non indifferente, come dimostra anche il caso di Catania dove è stato sequestrato un’ingente quantità di materiale tra cui “La Guida del pedofilo”, individuata da “Meter” già nel 2020 e che rappresenta l’elemento giustificativo e attuativo di pratiche illegali e dannose sui minori che aiuta la corporazione dei pedofili a lavorare insieme e a compiere atti aberranti».

C’è un idenkit del pedofilo?

«Oggi più di ieri l’età del pedofilo ha un range molto ampio che va dai giovani ai sessantenni; spesso si tratta di persone con elevata posizione culturale ed economica. Non esiste nessuna differenza sociale e l’unico fattore comune è la perversione. La pornografia incide molto nella formazione distorta della sessualità delle persone, a maggior ragione se a usufruirne sono ragazzini che crescono con la convinzione che quella sia la vita intima corretta. Per questo è necessario che sia proibita ai minori e attivare blocchi specifici, per evitare che questa diventi un modus vivendi. Non si tratta di fare moralismo ma di chiarire che l’uomo e la donna non possono essere ridotti solo a carne di godimento».

Oggi si sente parlare spesso di “revenge porn”, di che cosa si tratta?

«Il revenge porn consiste nel vivere situazioni di intimità tra persone – adulte o minori – in cui c’è un’apparente fiducia tra i partner che porta alla realizzazione di video o di materiale fotografico poi utilizzato per forme di ricatto con la conseguente diffusione in rete, senza l’autorizzazione di una delle parti, con gravi danni per le vittime. L’intimità è sempre molto importante da tutelare e non è possibile esporre o ridicolizzare l’altro. Noi diciamo ai ragazzi di stare attenti e di non produrre questi materiali. Come associazione nelle nostre campagne nazionali cerchiamo di fare molta prevenzione, anche attraverso il numero verde nazionale. Riceviamo chiamate da tutta Italia e dall’estero e siamo molto presenti sui social. Abbiamo due Centri di ascolto, a Pachino e ad Avola, per le vittime che hanno subito abusi e un numero verde sempre attivo (800 455 270). Facciamo tanti corsi di informazione nelle scuole con vari professionisti e ci rivolgiamo anche ai giornalisti per informare il più possibile le persone sui pericoli digitali. Svolgiamo un’azione preventiva nel mondo e fin dall’inizio abbiamo agito all’interno della Chiesa con una presenza costante. Siamo molto soddisfatti del fatto che dal 2019 nella Chiesa è nato il Servizio di tutela per i minori, proprio per dare una risposta adeguata al problema della pedofilia che l’ha coinvolta. Io ho sempre fatto il parroco nella mia vita e curo gli aspetti informativi anche nella mia comunità. Spesso, ad esempio, nelle mie lezioni di catechismo inserisco informazioni sull’uso corretto di internet».

Come si possono aiutare le vittime?

«I bambini abusati sono dei sopravvissuti al dramma subito e devono essere accompagnati nel loro percorso di “resurrezione” dalle famiglie, che trovano in “Meter” un punto di riferimento. Per loro è molto importante avere sostegni come il nostro. Noi siamo tasselli di questa lotta nella società e nella Chiesa. Tutte le storie che abbiamo affrontato sono drammatiche e dolorose e chi si occupa di questi fenomeni deve dimostrare amorevole attenzione, ascolto, accompagnamento. Le vittime hanno bisogno di tutto questo. Sono tanti quelli che si sono rivolti ai nostri Centri di ascolto: più di 200 solo nel 2023 e circa 3000 negli ultimi anni. Alcune storie sono state raccolte in due libri e testimoniano un lungo percorso di rielaborazione della violenza da parte delle vittime che vogliono ritrovare la vita».

Che cosa si può fare ancora di più per il futuro?

«Le leggi che ci sono da sole non bastano. Ci vuole una rivoluzione culturale. Dobbiamo chiederci perché c’è ancora la violenza sui bambini. La dignità dell’uomo deve essere rispettata a 360 gradi. Noi 28 anni fa abbiamo istituito la Giornata Bambini Vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’indifferenza (GBV) che offre l’occasione per richiamare a un impegno imprescindibile contro la pedofilia e la pedopornografia. La Giornata è nata nella mia parrocchia nel 1995, dopo il suicidio di un ragazzo e l’ascolto di alcune storie di abuso e ha preceduto la nascita della Giornata Nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia, proclamata nel 2009. Ringraziamo Papa Francesco, che con la sua poliedrica e straordinaria personalità, è una certezza e una forza per noi come dimostra il bellissimo discorso che ha tenuto per la GBV del 2021, quando ci ha ricevuto in piazza San Pietro a Roma. Per il futuro mi piace sognare l’avvento di un regno di giustizia e di pace dove l’orso e l’agnellino possono stare insieme, come diceva il profeta Isaia, e dove tutti si amano. Nel sogno c’è la nostra azione che stiamo portando avanti. La mia giornata inizia sempre con la preghiera perché da essa scaturisce la forza per andare avanti nella mia battaglia per cambiare la mentalità e per risolvere questa tremenda piaga sociale».

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