Mes o non Mes, questo è il dilemma

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Di Cesare Raviolo

Tra le questioni economico-finanziarie che meriterebbero una rinnovata attenzione politica, alla luce delle vicende post elezioni Europee, c’è, a mio modesto avviso, il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità), il cui trattato istitutivo di riforma non è stato ancora firmato dall’Italia. Le origini del Mes risalgono al 2010 quando, sull’onda dell’emergenza dovuta alla crisi della Grecia, l’Ecofin (Consiglio “Economia e finanza”) deliberò la creazione di due strumenti temporanei di assistenza agli Stati dell’eurozona in condizioni finanziarie critiche: il Fondo europeo di Stabilità finanziaria e il Mes. Nell’ottobre del medesimo anno, il Consiglio europeo optò per un unico strumento– il Mes appunto – e il 2 febbraio 2012 il trattato fu firmato dagli allora 17 Stati membri (a cui si sono poi aggiunti Lituania, Lettonia e Croazia), con una dotazione di 704,8 miliardi, a cui l’Italia contribuisce per il 17%. Il Mes fu ratificato in via definitiva dall’Italia il 19 luglio 2012 e divenne operativo dall’ottobre di quell’anno. Aveva la funzione di concedere, a precise condizioni, assistenza finanziaria ai Paesi membri con temporanee difficoltà a finanziarsi sul mercato. Le condizioni comprendevano la definizione di un programma di aggiustamento macroeconomico da specificare in un apposito memorandum per i prestiti e forme meno stringenti in caso di linee di credito precauzionali, destinate a Paesi in condizioni economiche e finanziarie fondamentalmente sane ma colpiti da shock avversi. Il disaccordo tra gli Stati circa le modalità del suo utilizzo ha portato, a gennaio 2021, a una riforma del trattato, che gli attribuisce la possibilità di intervenire anche nelle crisi bancarie. Dopo la ratifica, nel dicembre 2022, da parte della Germania, l’Italia è rimasta a tutt’oggi l’unico Paese dell’euro-zona a non aver approvato la riforma. Il trattato istitutivo del Mes – noto come Fondo Salva-Stati – non prevede né una scadenza per l’attivazione né alcun automatismo, anzi, consente allo Stato eventualmente richiedente di non sottoscrivere l’accordo d’uso e rinunciare ai fondi se ritenesse le condizioni proposte non convenienti. I ministri Giorgetti e Salvini hanno però ribadito nei giorni scorsi l’opposizione dell’Italia. Purtroppo, il nostro “no”, per la regola dell’unanimità vigente nella Ue, blocca l’operatività del Mes e quindi impedisce agli altri Paesi di poterne godere in caso di necessità. Che ci sia anche questa tra le motivazioni concrete che stanno determinando il nostro attuale “isolamento” in Ue?

raviolocesare@gmail.com

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