Se i salari ristagnano…

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Di Cesare Raviolo

Secondo i dati Bankitalia di aprile 2024, l’economia arranca (Pil + 0,6%), i consumi delle famiglie ristagnano (+0,1), la produzione industriale diminuisce (-3,3). Le cause sono molte, ma una è stata individuata con precisione dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico): delle 38 tra le principali economie mondiali, l’Italia è quella che ha registrato il maggior calo dei salari reali; infatti, nel primo trimestre 2024 essi erano inferiori del 6,9% rispetto a prima della pandemia. Peggio di noi solo la Repubblica Ceca e la Svezia. Questo è avvenuto e avviene nonostante, anche nel nostro Paese, ci sia spazio per i profitti di assorbire ulteriori aumenti salariali. Lo ha confermato recentemente il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, il quale ha ribadito come l’attuale aumento delle retribuzioni rappresenti «un inevitabile recupero del potere d’acquisto», così che i cospicui profitti sin qui accumulati consentano alle imprese di «assorbire la crescita salariale senza trasferirla sui prezzi finali». Sulla ridotta massa salariale ha influito l’ancora elevato tasso di disoccupazione (6,8%), specie femminile e giovanile che, nonostante gli occupati siano a livelli record e sia costante la crescita dei contratti a tempo indeterminato, appare lontano dalla media Ocse (4,9%). Anche le misure sostitutive del Reddito di Cittadinanza, l’Assegno di Inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro hanno contribuito a deprimere la crescita salariale. Secondo i dati appena pubblicati dall’Inps, hanno raggiunto rispettivamente 697.640 nuclei, contro i 737 mila previsti, e 96.161 persone presunte “occupabili”. Poiché sono i salari a sostenere il consumo delle famiglie, che rappresenta quasi il 60% della domanda aggregata e, quindi, del Pil, è facile capire la modesta crescita dell’economia italiana, anche se le previsioni Istat di giugno sono improntate a maggior ottimismo. Secondo l’Istituto di Statistica, infatti, il Pil italiano è atteso in crescita dell’1% nel 2024, in moderata accelerazione rispetto al 2023, sostenuto dal contributo sia della domanda interna al netto delle scorte, sia della domanda estera netta (+0,7% per entrambe), con un contributo delle scorte ancora negativo (-0,4 %). C’è da augurarsi che tali previsioni si avverino e che, in qualche misura, contribuiscano ad accrescere la retribuzione del fattore lavoro.

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