Odissea per Gabicce Mare

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Di Arianna Ferrari e Andrea Rovati

LEI

Per un weekend entrambi siamo liberi perciò pensiamo di farci un regalo: partiamo per un fine settimana. Valutiamo qualche meta e decidiamo di andare a Gabicce Mare. Luogo che frequento ininterrottamente dall’infanzia (a volte ho la sensazione di essere cresciuta lì) e che conosco bene perché il motto della mia famiglia era “stessa spiaggia, stesso mare”. Ecco il nostro piano: ritrovo in stazione a Piacenza, treno (per evitare il traffico) e all’ora di cena saremo là a goderci un po’ di relax e dei gustosi piatti di pesce. Un programma perfetto se non fosse che, come cita un proverbio, “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Nel nostro caso c’è di mezzo un treno merci deragliato a Parma (per fortuna senza gravi danni alle persone). Riassumo per punti la nostra Odissea. 1. Partenza in treno da Piacenza ma a Parma ci buttano giù dicendo che hanno predisposto gli autobus sostitutivi per il tragitto fino a Reggio Emilia. 2. Attesa di un’ora e mezza del fantomatico pullman, sotto il sole, insieme ad almeno 300 persone e il tarlo sul da farsi: la rischiamo o torniamo a casa? Ok, la rischiamo. 3. Viaggio in piedi su un autobus colmo, traffico intenso e noi che temiamo di perdere l’ultimo treno da Reggio Emilia. 4. Arriviamo in corner e saliamo su un treno… dovrebbe essere quello giusto ma gli annunci sono confusi e noi vinti. 5. È il treno giusto e anche se è tardissimo arriviamo a Cattolica. 6. Zero taxi quindi… a piedi fino a Gabicce. Alla faccia del: «Dai! Facciamoci due giorni di riposo!» (Continua…)

arifer.77@libero.it

LUI

Bottigliette d’acqua distribuite da Protezione Civile e Croce Rossa. Lo si legge spesso in caso di mega-code estive in autostrada o eventi simili, specie con caldo torrido e molta gente bloccata per un tempo imprevedibile. Non pensavo però che questo fine settimana ne sarei stato anch’io beneficiario, insieme a molti altri passeggeri bloccati alla stazione di Parma in un afoso pomeriggio di luglio da un incidente ferroviario. Una folla variopinta ed eterogenea, multietnica e multitatuata, comunque educata, a parte i soliti che vogliono fare i furbi. Non così qualche anno fa quando un volo annullato a Catania ci condannò a un lunghissimo ritardo: alcuni passeggeri furono lì lì per aggredire gli operatori aeroportuali e dovette intervenire la Polizia. Be’, nessuno è contento nel vedere i propri striminziti giorni liberi bruciati in un piazzale asfaltato sotto il sole in attesa di un carro bestiame (ops… Trenitalia lo chiama “pullman sostitutivo”), però il piccolo grande gesto dell’acqua mi ha colpito: i volontari erano tutti piuttosto… attempati, senza dubbio pensionati; avrebbero potuto starsene al fresco dell’aria condizionata di qualche bar, a guardare l’ennesimo fenomeno dello sport di cui sembra non si possa fare a meno e al quale sacrifichiamo tanto tempo. E invece erano lì anche loro a prendere il caldo con noi e a sopportare la nostra frustrazione. Forse anche per questo alla fine è andato tutto bene. Grazie amici, all’afa rinuncio volentieri, al calore umano invece no. (Continua…)

andrea.rovati.broni@gmail.com

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