Continuiamo a camminare sulla strada della catechesi

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Assemblea Sinodale Diocesana. Le ultime due sintesi dei lavori di gruppo ai quali hanno partecipato i delegati dei Vicariati e l’intervento conclusivo di Mons. Guido Marini

DI MONS. MARCO DANIELE, Vicario episcopale per l’attuazione del Piano Pastorale

In questa seconda e ultima puntata del nostro Primo Piano dedicato all’Assemblea Sinodale Diocesana sul tema della catechesi, che si è svolta lo scorso 8 giugno al Centro “Mater Dei” di Tortona, torniamo sull’argomento per fare il punto della situazione e per condividere le sintesi scaturite da quel bell’appuntamento che ha visto riunita una rappresentanza qualificata dell’intera Diocesi cioè i delegati dei 10 Vicariati. I lavori assembleari erano iniziati nell’autunno del 2023 aiutati dalla relazione di Pierpaolo Triani. Da quel testo sono scaturite 5 piste di lavoro su cui ogni Parrocchia, Comunità Pastorale e Vicariato si è confrontata in una riflessione condivisa. Le sintesi di ogni Vicariato sono giunte all’équipe e alla segreteria diocesana la quale, dopo un’attenta lettura, ha raccolto i suggerimenti e le proposte arrivate dai Vicariati individuando 5 ambiti (legati alle 5 questioni proposte da Triani) che hanno caratterizzato i lavori di gruppo (ben 13) dell’Assemblea del giugno scorso. La settimana scorsa vi abbiamo presentato le prime 3 tematiche ovvero “Perché annunciamo?”, “Qual è il contenuto dell’annuncio?”, “Quale ‘metodo’ è efficace?”; oggi vi proponiamo le altre 2 e cioè “Con chi e per chi?” e “Attraverso chi arriva l’annuncio”. Infine, in questo spazio troverete l’intervento integrale pronunciato dal nostro vescovo, Mons. Guido Marini, al termine dei lavori dell’Assemblea con alcune indicazioni concrete per continuare il percorso sinodale nei prossimi mesi, in attesa che la Chiesa in Italia ci fornisca un orientamento più generale da seguire, e un invito accorato a fare dello stile sinodale della comunione uno stile di vita quotidiana.

Con chi e per chi?

Questioni pratiche. Presenza e compito dei padrini e delle madrine; successione delle tappe nell’itinerario dei Sacramenti dell’Iniziazione cristiana: quali decisioni prendere?

Se padrini e madrine di Battesimo e Cresima sono garanti del cammino di fede va sicuramente riscoperto il senso del loro ruolo attraverso un percorso formativo con modalità che ogni singola realtà può tradurre in pratica (per esempio con un incontro dedicato, meglio se non immediatamente a ridosso della celebrazione del Sacramento). L’incontro con padrini e madrine, che sono adulti nella maggior parte dei casi, è occasione di relazione e può rappresentare per loro una ripresa del cammino di fede. I “requisiti” indispensabili oggi richiesti per questo ruolo spesso sembrano allontanare le persone, rendendo quasi “non accogliente” o peggio ancora “giudicante” la comunità parrocchiale e pastorale. Si raccoglie qualche parere favorevole alla sperimentazione di breve periodo per supplire all’assenza di padrini e madrine, proponendo che sia un catechista o un educatore a esercitare tale ruolo. Tutte le ragioni che portano a una scelta di questo tipo dovrebbero essere ampiamente condivise con le famiglie. Emerge l’esigenza di rimettere al centro della proposta del catechismo dell’iniziazione cristiana l’ordine teologico Battesimo – Cresima – Eucaristia. Che questo avvenga con un percorso “unico” – che confluisca in un’unica celebrazione – oppure attraverso proposte mirate al singolo sacramento in un arco temporale più ampio, non sembra essere questione focale. Risulta invece centrale la proposta di percorsi che vedano coinvolte le famiglie che chiedono i Sacramenti, percorsi attenti ai tempi di vita. Superfluo ribadire che la logica scolastica degli incontri deve essere completamente superata. Sull’età più idonea a ricevere il Sacramento non c’è uniformità di pensiero; sicuramente è sentito moltissimo il tema del post cresima, argomento che non era obiettivo del gruppo ma che da ogni parte appare indispensabile affrontare nel percorso di formazione permanente di ogni cristiano.

Attraverso chi arriva l’annuncio

La Comunità. Coinvolgimento ad ampio raggio dell’intera comunità cristiana: quali forme e quali maggiori attenzioni avere?

La comunità è inserita in una comunità più grande con la quale dialogare senza paura e senza soffrire di sindrome di accerchiamento ma con gioia ed entusiasmo grazie alla forza del messaggio evangelico rivolto a tutti senza esclusione di alcuno. In questo contesto l’evangelizzazione, il primo annuncio, è oggi l’obiettivo primario, anche all’interno della stessa comunità cristiana. All’interno del contesto indicato si individuano 5 aree di intervento.

1, Formazione: da perseguire in modo continuo, secondo modi propri legati alla diversità delle età e dei contesti di vita;

2, Magistero della Chiesa: i contenuti della nostra dottrina devono essere conosciuti, apprezzati e seguiti, a partire dai documenti del Concilio Vaticano II, il più vicino a noi;

3, Spiritualità: rifocalizzarsi attorno alla figura di Cristo attraverso Eucaristia e adorazione, preghiera, ascolto della Parola;

4, Media: strumenti indispensabili in una società globale e iper connessa per raggiungere i più lontani e per favorire un modo diverso di relazionarsi:

– conoscere i media e i loro meccanismi di funzionamento;

– educazione all’uso;

– utilizzo dei media delle generazioni più giovani;

– condivisione delle esperienze di cui la Diocesi di Tortona è ricca;

– creare un sistema aperto di condivisione delle esperienze per farle conoscere;

– sperimentare senza avere paura di sbagliare;

– ridare vita alle strutture esistenti in Diocesi senza rinnegare il passato ma aprendosi a nuovi usi;

5, Relazione: la relazione fra le persone è il succo della nostra Fede (“Zaccheo, oggi vengo a casa tua!”):

– favorire la relazione personale, semplice e autentica, attraverso l’impegno di ciascuno;

– far conoscere le iniziative di incontro (convegni, feste, ecc.) diocesane, vicariali, ecc. attraverso un calendario condiviso.

«La comunione nel Signore e tra di noi sia uno spettacolo per il mondo»

Le parole del vescovo al termine delle relazioni dei rappresentanti dei vari gruppi

Di Mons. Guido Marini

Esprimo la mia gratitudine a tutti i presenti per il percorso fatto insieme durante l’anno, alla Commissione Sinodale, che ha accompagnato questo percorso, e ai moderatori dei gruppi di studio che oggi, con noi e per noi, hanno svolto un servizio importante. Grazie anche per il modo in cui si è lavorato nei gruppi. Durante l’Assemblea mi sono fermato per qualche momento in alcuni dei 13 gruppi e per me è stato un grande conforto vedere come ci siano uomini, donne, sacerdoti, diaconi, religiose, religiosi che sono appassionati al Signore, alla vita della Chiesa e al tentativo di capire per quale via il Signore ci sta conducendo e che cosa possiamo cercare di fare per rispondere alla sua chiamata, in questo tempo e nella situazione storica nella quale ci troviamo, in relazione al tema della catechesi e della prima evangelizzazione.

Non devo tirare delle somme in questo momento, perché, oggi, le somme le avete tirate voi, come momento conclusivo di un percorso annuale e come frutto di un ascolto reciproco nei lavori di gruppo. Il mio compito, adesso, non è dare degli orientamenti o delle indicazioni operative. Intendo, invece, anzitutto richiamare l’attenzione di tutti su un fatto: il Sinodo della Chiesa in Italia troverà il suo momento conclusivo l’anno prossimo, nella primavera del 2025. Saranno convocate, infatti, due assemblee generali sinodali, la prima a novembre e la seconda nel mese di marzo, con la partecipazione di circa 900 delegati. Tra i punti che saranno esaminati, c’è la formazione alla fede, che comprende anche la catechesi e la prima evangelizzazione, ovvero le tematiche che abbiamo affrontato. È chiaro che ciò che scaturirà dal cammino sinodale della Chiesa in Italia dovrà essere punto di riferimento anche per il nostro cammino diocesano. Ci sono alcuni aspetti della catechesi, oggetto della nostra riflessione comune, per i quali, prima di prendere decisioni, dovremo aspettare gli orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana. Mi sembra, pertanto, importante sottolineare che, se non metteremo subito a tema alcuni aspetti che sono emersi dal nostro cammino sinodale diocesano, è soltanto perché ritengo prudente e opportuno rimanere in attesa della conclusione del cammino sinodale della Chiesa in Italia. Mi riferisco, per esempio, alla questione dei padrini e delle madrine, come anche alla possibile diversa successione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. Al riguardo, chiedo che non siano avviate per il momento delle sperimentazioni, al fine di privilegiare un cammino comune.

Voglio sottolineare, come ho percepito anche da molte parole che venivano pronunciate nei gruppi, la bellezza di questo cammino, seppur breve; la bellezza di questo momento; la bellezza di ritrovarci insieme a parlare di cose importanti che ci stanno a cuore, che fanno parte del percorso di fede che riguarda la vita delle nostre comunità, la vita della Chiesa. Ecco, forse, non sempre siamo stati abituati a vivere in questa forma la nostra appartenenza ecclesiale, ma mi pare che sia un’esperienza molto bella. È importante che diventi uno stile abituale nella nostra Chiesa e nelle nostre comunità. È importante perché i tempi lo richiedono, ma anche perché questo rientra nel disegno del Signore sulla sua Chiesa che, davvero, è una famiglia, un cuor solo e un’anima sola, che prega, pensa e opera insieme. E questo anche in vista di un discernimento per capire come meglio corrispondere alla volontà del Signore. È fondamentale che questo stile sinodale di comunione entri nelle pieghe della quotidianità della nostra vita cristiana e del nostro vivere ecclesiale, anche perché questa esperienza di comunione nel Signore diventi uno spettacolo per il mondo, che ha bisogno di vedere lo spettacolo della comunione. Questo mondo così frammentato, così diviso, così polarizzato nelle contrapposizioni ha una necessità impellente di spazi di comunione autentica, dove si possa respirare un clima di famiglia, un clima in cui si cammina insieme. Ha bisogno di questo spettacolo inedito, di un popolo che cammina unito nel nome del Signore. Sto visitando i Vicariati della nostra Diocesi, incontrando i Consigli pastorali vicariali, delle comunità pastorali, delle parrocchie, insieme ai collaboratori più stretti per dire alcune cose e, tra le altre, per evidenziare il tema della comunione. In tantissimi interventi e contributi è emerso che dobbiamo unirci, che dobbiamo andare avanti insieme, che dobbiamo riscoprire in un modo bello proprio l’essere una cosa sola, la comunione sotto tanti punti di vista. La comunione è una priorità, anche nella catechesi e nella prima evangelizzazione.

C’è poi un aspetto che vorrei sottolineare, tra i tanti che sono emersi nelle sintesi: oggi siamo chiamati a dare un peso del tutto particolare alla relazione in qualunque ambito della nostra vita. Perché la relazione fatta di accoglienza, amicizia, fraternità, amore, è la prima via per far incontrare alla nostra gente il volto luminoso di Gesù, la bellezza della sua Chiesa. Noi potremmo mettere in atto tanti stratagemmi, tanti strumenti, ma se questi stratagemmi e questi strumenti non hanno come fondamento il cuore, una relazione calda, che passa attraverso i nostri cuori, i nostri gesti, il nostro modo di accostare la gente e passa attraverso le nostre comunità, il volto delle nostre comunità, i gesti che le nostre comunità compiono, il modo nel quale esse vivono, strumenti, stratagemmi e percorsi sono votati al fallimento. In tutto, o c’è il pulsare di un cuore amante in ciascuno di noi e nelle nostre comunità, che è il segno e l’espressione del cuore amante di Gesù, oppure siamo votati al fallimento. Perché è l’amore del Signore che vince sempre, quell’amore che si respira, si tocca con mano dall’incontro personale con noi e dall’incontro con le nostre comunità. O noi siamo vivi perché conquistati da questo amore che coinvolge la nostra vita, e, dunque, ci presentiamo sempre, in tutti i tipi di rapporti, con questo volto innamorato e amante, oppure siamo destinati al fallimento! Non ce lo dimentichiamo! È importante e decisivo, perché se questo è il cuore della vita cristiana, quindi il cuore della Chiesa, questo è anche qualcosa di cui oggi c’è fame! Non c’è fame di strumenti, non c’è fame di stratagemmi, non c’è fame di persone che chissà che cosa riescono a pensare con la loro fantasia, la loro intelligenza, ma c’è fame di toccare cuori amanti, di incontrare comunità nelle quali si respira una vita di famiglia, accogliente, calda, che sa suscitare qualcosa che oggi la gente non riesce a vivere né in famiglia né in altre situazioni, né nei gruppi, perché manca il cuore. E l’elemento vincente – se così possiamo dire – è davvero questo: il calore di un amore che noi abbiamo la possibilità di vivere e trasmettere, perché il Signore è con noi, è al centro della nostra vita. Là dove si è accolti, ci si sente amati e ci si incontra con un cuore che batte, che sia personale o comunitario, il resto poi viene di conseguenza. Ma se questo cuore non c’è…

Dal dialogo e dal confronto in un gruppo è emerso quanto la nostra Diocesi sia ricca. Questo mi ha fatto bene al cuore, perché è vero e dobbiamo sottolinearlo! A parte gli aspetti di difficoltà, che ci sono sempre nella vita e in qualunque realtà ecclesiale, la nostra è una Diocesi ricca e viva, e dobbiamo esserne consapevoli. La questione centrale è che questa ricchezza e questa vitalità hanno bisogno di un motore decisivo che è il volerci bene, il vivere in comunione, l’avvertire che se stiamo insieme non perdiamo nulla, ma se non stiamo insieme perdiamo tutto. Questa nostra ricchezza, questa nostra vivacità, questa preziosità della Chiesa di Tortona hanno bisogno della comunione, dell’amore, dell’essere insieme, dell’essere con gli altri e per gli altri, del nostro stimarci reciprocamente, del sentirci un cuor solo e un’anima sola. La grande sfida che ci attende è questa! Preghiamo perché possiamo raccogliere questa sfida, viverla vincerla tutti i giorni, perché questo è il cuore del cammino che abbiamo davanti.

Dal profondo del cuore vi ringrazio di tutto. Speriamo di ritrovarci presto, perché questa è soltanto la tappa di un percorso che va avanti e che ci vedrà impegnati nel mettere in atto ciò che oggi è scaturito al termine di un anno di cammino sinodale.

Trascrizione da registrazione audio

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