Il Sinodo dei giovani in Diocesi

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Tre serate per rispondere a tre domande

TORTONA – “A voi, giovani del mondo, ci rivolgiamo noi padri sinodali, con una parola di speranza, di fiducia, di consolazione. In questi giorni ci siamo riuniti per ascoltare la voce di Gesù, il Cristo eternamente giovane, e riconoscere in Lui le vostre molte voci, le vostre grida di esultanza, i lamenti, i silenzi.

Sappiamo delle vostre ricerche interiori, delle gioie e delle speranze, dei dolori e delle angosce che costituiscono la vostra inquietudine.

Desideriamo che adesso ascoltiate una parola da noi: vogliamo essere collaboratori della vostra gioia affinché le vostre attese si trasformino in ideali.

Siamo certi che sarete pronti a impegnarvi con la vostra voglia di vivere, perché i vostri sogni prendano corpo nella vostra esistenza e nella storia umana”.

Queste parole della lettera dei Padri Sinodali ai giovani di tutto il mondo a termine del lavoro del Sinodo riassume quanto anche la Chiesa di Tortona ha messo in atto durante le settimane di ottobre, in comunione con il Sinodo che avveniva a Roma.

Quattro incontri.

Moltissimi giovani e una Chiesa in ascolto.

La Pastorale giovanile ha pensato di creare tre serate per i giovani dai 19 ai 35 anni e una intera giornata per i ragazzi dai 14 ai 18 anni per riflettere e confrontarsi su alcune domande con lo scopo di “metterci le orecchie” (ascolto di testimonianze e provocazioni), “metterci il cuore” (tavola rotonda partecipata) e “metterci la faccia” (restituzione e dibattito).

Stessa struttura dunque per i tre incontri, ma grande varietà di temi e di riflessioni.

“Ama il prossimo tuo come te stesso. Parole rivoluzionarie. E se essere giovani è essere rivoluzionari chi porta avanti questo messaggio è giovane.” Così risponde Nicola alla prima domanda: questa Chiesa è per i giovani? “Assolutamente sì perché siamo noi giovani ad avere la forza e il coraggio per cambiare le cose” ci dice Filippo.

“Certo, nella Chiesa ho trovato chi mi ha aiutato a fare discernimento” continua Sara. Ma non tutte le voci sono d’accordo e molti altri affermano che questa Chiesa non sia per i giovani, o non per tutti i giovani, perché hanno poco spazio e devono riuscire a crearselo tra difficoltà di comunicazione e appartenenza.

I numeri sull’affluenza in Chiesa, in calo, sembrano dare ragione a questa visione.

La testimonianza della prima serata è condotta da Alberto Galimberti, autore del libro “È una chiesa per giovani?” il quale lancia interessanti spunti di riflessione che vengono approfonditi nelle varie tavole rotonde e che ci restituiscono un’immagine di giovani con il senso religioso e con molte domande, che a volte vengono ostacolati da una Chiesa che appare impostata e rigida, con tutti i “posti già occupati” e solo il posto dello spettatore libero.

Cosa ha a che fare Dio con la mia vita? È il tema della seconda serata, nella quale tre voci femminili conducono il momento della riflessione.

Tre donne accumunate dal servizio all’interno della nostra diocesi, ma con cammini completamente diversi per arrivarci. In questa serata, più che in tutte le altre, sono emersi dubbi e interrogativi a cui si potrà rispondere solo con una ricerca sincera e motivata: la bussola è il Vangelo.

“Sicuramente la mia Fede, la Chiesa e la mia comunità avranno un ruolo riservato in prima fila” ci dice Ilaria come risposta della terza e ultima domanda: questa Chiesta c’entra con il mio futuro?

Il dialogo viene introdotto da don Carlo Rampone, già responsabile della Pastorale Giovanile della regione Pie-monte. “Il Signore ti dice tranquillo, sii te stesso” commenta don Carlo davanti ad una sala rapita e in ascolto. Il dibattito diventa di ampio respiro e tocca molti temi solo a prima vista lontani tra loro. Si parla sia della società di oggi, abitata da maschere e in cui l’omologazione è l’unica via, sia della società del futuro, che i giovani vorrebbero creare e nella quale vorrebbero poter vivere.

Si riflette poi sull’incertezza degli studi e del lavoro che permea quasi tutte le realtà, della rarità di affetti sinceri e che durino più di una stagione.

“Stai tranquillo, il Signore te lo dice. Continua a camminare e sii una lampadina accesa in questa Diocesi, non ne servono 300 spente ma solo una accesa” conclude così don Carlo, innescando in ognuno dei presenti il tasto on.

Marzia Calvi

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