La rete dei luoghi di accoglienza a Tortona e Pontecurone

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Verso il Giubileo del 2025. Dove sostavano i pellegrini nella nostra diocesi, lungo il cammino per Roma? La risposta è un tassello che manca alla storia ma noi siamo in grado di fornirvi una prima ricostruzione

DI DON MAURIZIO CERIANI

Dopo aver delineato le vie di pellegrinaggio che attraversarono per secoli il territorio diocesano e che furono particolarmente frequentate durante gli anni giubilari, cerchiamo di ricostruire la fitta rete di luoghi di accoglienza che le costellarono. È un tassello che manca alla storia della nostra diocesi perché se ne è sempre trattato a livello locale e mai con uno sguardo complessivo. Non si tratta di un lavoro facile poiché questa rete di assistenza coprì diversi secoli, con avvicendamenti e cambi di denominazione, scomparsa e ricostruzione di parecchi luoghi di accoglienza. In occasione del prossimo Giubileo del 2025 tentiamo, dalle pagine del nostro giornale, una prima indagine, che da subito sappiamo non sarà esaustiva, ma che potrà fornire una buona base di partenza per ulteriori studi.

Gli Hospitales di Tortona

Ci sono notizie frammentarie della presenza nel Medioevo di ben nove ospizi per i pellegrini nella città di Tortona. A partire dalla fine del secolo XV abbiamo certezza dell’esistenza di sei luoghi di accoglienza che continueranno il loro servizio anche nei secoli a venire. Sono gli hospitales di Sant’Antonio Abate, di Santa Margherita, di San Simone, degli Orfani, dei Pellegrini e degli Spagnoli. I primi due costituirono il nucleo originario del nosocomio cittadino, tuttora esistente sotto il titolo dei SS. Antonio e Margherita. L’hospitale degli Orfani nasce già come luogo di assistenza per gli orfani locali nel 1525, grazie alla munificenza del patrizio tortonese Giorgio de’ Calcinari, e contava 40 posti; il suo servizio continuerà fino alla seconda metà del secolo XX, e nei secoli XVI e XVII si apre anche all’assistenza dei pellegrini.

L’hospitale di Sant’Antonio è certamente il più antico della città; fu fondato nel secolo XII dal patrizio tortonese Gentile Zoppi Orbetino e si prendeva cura di 60 infermi, sia cittadini sia pellegrini in cammino; in origine aggiungeva anche il titolo di San Cristoforo, patrono speciale di viandanti e pellegrini. Di qualche decennio successivo ma sempre nel secolo XII è pure la fondazione dell’hospitale di Santa Margherita, grazie alla dote della pia società dei Cavalieri Tortonesi; si occupava di assistere 20 pellegrini infermi.

L’hospitale di San Simone invece aveva il triste compito di accogliere i “dementi”, appellativo sotto il quale venivano collocate una serie di patologie. Specificatamente dedicato ai pellegrini era l’Hospitale che da loro prendeva il nome, annesso alla chiesa della Madonna di Loreto, dove l’omonima confraternita assicurava per tre giorni vitto e alloggio gratuito ai viandanti e pellegrini poveri in transito per la città, insieme all’assistenza spirituale e ad eventuali cure mediche di primo soccorso. La chiesa ebbe il titolo di basilica minore ed era situata nei pressi della cinta muraria della città, in quello che ancora oggi a Tortona è chiamato popolarmente “Il Loreto”. Quella zona della città costituiva una borgata extra moenia e, quasi una cittadella della carità, ospitava anche i due hospitales di Sant’Antonio e Santa Margherita e quello degli Orfani. Nella chiesa della Vergine Lauretana amava pregare san Luigi Gonzaga, quando era ospite della cugina Cristierna di Danimarca, il cui palazzo era poco distante.

L’hospitale degli Spagnoli era invece un luogo dedicato all’assistenza dei soldati di stanza nel forte cittadino, durante la dominazione spagnola dalla metà del secolo XVI al 1714. Era situato sul colle attiguo alla chiesa parrocchiale di San Giovanni in Piscina, la cui ubicazione è da collocarsi all’inizio di via Pinto nell’area oggi occupata da palazzo Busseti; non era raro che vi accedessero pellegrini di nazionalità spagnola ed ex militari.

Pontecurone il “Burgus in Strata”

Pontecurone, sia nell’attuale toponimo derivante dall’antico “Pons Coronis”, sia in quello di “Burgus in Strata” con cui compare per secoli, racchiude nel suo nome la sua vocazione di luogo strategico di transito e di sosta, lungo l’arteria della romana Via Postumia.

Abbiamo notizie di ben quattro luoghi di accoglienza per i pellegrini nel borgo di Pontecurone, tutti di antica fondazione.

L’Ospizio della Crocetta viene fondato nel 1120. Ad esso si affianca l’hospitale dei cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme (oggi più noti come Cavalieri di Malta) la cui prima menzione risale a un atto del 21 dicembre 1282. In quella data fra’ Bonifacio da Casale è precettore dell’ospedale giovannita di Pontecurone ed è procuratore di tutte le case degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme per il priorato di Lombardia. Questo hospitale era sotto il titolo di San Pietro, significativo riferimento ai pellegrini in cammino verso Roma, anche se in alcuni documenti viene indicato come “hospitale di San Giovanni” forse per contaminazione con il nome dell’ordine religioso che lo gestiva.

Un terzo hospitale venne fondato nel 1296 e posto sotto il titolo di San Giacomo, con chiaro riferimento all’altra meta di pellegrinaggio di chi transitava sulla Postumia, cioè Santiago di Compostela.

Infine a Pontecurone esisteva un singolare luogo di preghiera e di accoglienza, unico nel suo genere in quanto affidato alle cure dei monaci orientali di San Basilio. Infatti con proprio testamento del 3 agosto 1210 Curione Eustorgio, facoltoso residente del paese, istituì propri eredi “li reverendi padri di San Pietro dell’Ordine di San Basilio, con obbligo ai medesimi di erigere in quel borgo un ospizio per ricovero degli infermi e dei viandanti e di deputare annualmente due religiosi per l’assistenza e direzione dello stesso stabilimento”. Questa fondazione, posta anch’essa sotto il titolo di San Pietro ma popolarmente detta “degli Armeni”, rimase operante di pertinenza dei monaci basiliani fino al 1650. È probabile che la scelta di Eustorgio Curione di destinare i propri beni ai monaci armeni fosse in qualche modo collegata alla nomina al Patriarcato di Antiochia dell’abate Pietro di Rivalta Scrivia avvenuta poco tempo prima e ai legami commerciali tra Genova e l’Armenia, dei quali lo stesso testatore poteva aver beneficiato. Va infatti ricordato che nel marzo 1201 il re d’Armenia Levon I concesse un importante privilegio commerciale al Comune di Genova.

A volte le chiese stesse erano adattate a dormitorio per i pellegrini e il pavimento era in legno con spazi riquadrati e numerati per ciascuna persona (chiesa di San Pedro a Valenca in Portogallo, sul tracciato lusitano del Camino de Santiago).
Croce giovannita su di un edificio posto davanti alla casa di don Orione a Pontecurone, testimone dell’antica vocazione ospitaliera del borgo.
La chiesa del Loreto a Tortona
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