L’Uomo Ragno non è morto

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Di Silvia Malaspina

Caro il mio Max Pezzali, nel leggere le interviste che hai rilasciato nell’ultima settimana, vedendo il servizio che il Tg1 ha dedicato al successo record del tuo tour estivo Max forever, nonché la serie Hanno ucciso l’Uomo Ragno. La leggendaria storia degli 883, ho avuto la certezza che nessuno abbia ucciso davvero il super eroe di cui sopra. I numeri parlano chiaro, caro Max: solo nei tre concerti allo stadio di San Siro hai radunato 162 mila persone, mentre tutte le altre date hanno registrato il pienone e le repliche previste nei palasport per l’inverno sono ovunque sold out. Qual è il tuo segreto, Max? Sei l’opposto dei famosi che oggi imperversano: non sei il classico belloccio pluritatuato, non mostri pettorali scolpiti, non conduci una “vita spericolata”, non hai sposato una donna famosa e milionaria, non sei stato coinvolto in risse e truffe, non susciti clamore con esternazioni ad hoc per scandalizzare, le tue canzoni non contengono trivialità, non incitano alla violenza o alla promiscuità, sono orecchiabili e trasversali. Forse il segreto è quella tua banale normalità da cui oggi sembra che tutti vogliano fuggire: la prima giovinezza in un tranquillo capoluogo di provincia, l’incontro sui banchi di scuola con quello (Mauro Repetto) che dal 1989 al 1994 sarà l’altro componente del fortunato binomio degli 883, i testi che trasferiscono in musica sentimenti che tutti i ragazzi, negli anni ’90 come oggi, provano: l’amicizia, l’amore, la gelosia, la malinconia. L’imperituro successo della tua discografia, caro Max, è dovuto al fatto che canti la vita di ognuno di noi: tutti abbiamo avuto “le immense compagnie”, abbiamo viaggiato “in motorino sempre in due”, abbiamo fatto serata “con un deca”, ci siamo presi una cotta per un “mito” che ci ha illusi e ci ha lasciato in una “quotidiana guerra con la razionalità”. Mi trovo concorde, caro Max, con ciò che Ester Viola ha scritto in un articolo a te dedicato, sull’ultimo numero di F,: il tuo manifesto, il tuo brano simbolo resta Gli anni. Non una canzone d’amore, ma di addio al passato, di fronte alla quale l’emozione invade non solo noi che abbiamo sperimentato insieme a te “gli anni d’oro del grande Real, gli anni di Happy Days e di Ralph Malph”, ma anche coloro che allora non erano nemmeno nei pensieri di quelli che sarebbero diventati i loro genitori. A riprova di tutto ciò la mia ventenne che oggi vive nella tua longobarda città dalle “2 discoteche e 106 farmacie” mi ha chiesto: «Veramente voi ai tempi dell’Università incontravate Max Pezzali in giro per Pavia? Abiterà ancora qui? Mi piacerebbe vederlo.

silviamalaspina@libero.it

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