Foto-amatori e foto-amanti

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Di Arianna Ferrari e Andrea Rovati

LEI

Qualche anno fa insistetti per fare un corso di fotografia e per amore o dovere coniugale an-che Andrea decise di parteciparvi. Per lui era un periodo molto intenso e faticoso per cui lo sforzo che fece per venire d’inverno agli incontri settimanali fu ed è tuttora encomiabile. A un certo punto del percorso fui io a chiedergli di lasciare perdere perché vederlo così stanco mi dava pena ed egoisticamente parlando nemmeno io riuscivo a seguire le lezioni per la preoccupazione. Accettò di stare a casa però anche lì emersero aspetti che sono sempre stati distintivi di Andrea in ogni corso che abbiamo seguito insieme. Per quanto lui possa sembrare immobile come un animale impagliato e io fervente nel prendere appunti e nel riparlarne, affiora sistematicamente che lui si ricorda tutto alla perfezione, io invece ho delle lacune. Lui con quel suo fare meditabondo al limite del dormiente è sul pezzo sempre e comunque. Come faccia è un mistero che ancora oggi non trova soluzione nella mia mente. È geniale e talentuoso, io una scribacchina che cerca di ottenere risultati con l’impegno. Dopo questo corso mi comprai una Reflex che mi rubarono in California durante un terremoto. Da allora non ho più avuto il coraggio di investire in una macchina fotografica un po’ per il dispiacere, un po’ per la consapevolezza che non tutto dipende dallo strumento bensì dalla tecnica. Oggi entrambi subiamo comunque il fascino della fotografia, della capacità di alcuni artisti di essere eloquenti attraverso un’immagine.

arifer.77@libero.it

LUI

Robert Capa – sue le foto tra le più famose della Guerra Civile Spagnola e della Seconda Guerra Mondiale – in mostra al Museo Diocesano di Milano. Una volta lo scatto era un gesto solenne: 24-36 pose per rullino, ciascuna andava pensata e pianificata; il click aveva una sacralità laica derivata dalla faticosa preparazione e dalla necessità di affidarlo poi al capriccioso fato dello sviluppo, magari settimane dopo; cosa ne sarebbe uscito? Oggi il mondo digitale è invaso dalla fotografia. Incuranti delle macchine fotografiche vere e proprie (ormai minoranza oppressa), miliardi di smartphone con relativa videocamera scattano a raffica in modo compulsivo un numero incalcolabile di foto (e video, inevitabile evoluzione della specie); miliardi di esse hanno un triste destino e vengono immediatamente soppresse («è storta», «si vede il doppio mento», «ero in disordine»), altre assurgono alla gloria imperitura della pubblicazione online (l’uomo contemporaneo è convinto di non esistere se non esiste in un luogo inesistente come la rete). Qualche anno fa, trascinato con immaginabile entusiasmo coniugale da Arianna, partecipo con lei a un corso di fotografia; non imparo nulla di tecnica e anche oggi continuo ad avere un rapporto diffidente con l’ottica del telefono (ci ignoriamo a vicenda per la quasi totalità del tempo); però è l’occasione per scoprire fotografi e scatti che hanno superato il tempo: Capa, Henri Cartier-Bresson, Gianni Berengo-Gardin, Chema Madoz… cari byte e pixel, non ci arriverete mai.

andrea.rovati.broni@gmail.com

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