Imperfezione e bolliti misti

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Di Arianna Ferrari e Andrea Rovati

LEI

Confesso che nei weekend vorrei riposarmi e regalarmi due giorni “vuoti”, senza impegni prestabiliti. Questo fine settimana però decidiamo di incontrare degli amici speciali che non vediamo da molto; abitano in Piemonte, in zone meno blasonate rispetto alle Langhe, in luoghi periferici, quasi ignoti. Lasciamo a loro la scelta del ristorante dopo un acceso dibattito telefonico su “gran bollito o gran fritto alla piemontese”. Non so a cosa io possa sopravvivere per cui concludo che la festa è vedersi, poi vada come vada. Una sola certezza: sarà una cena hard per cui bisogna dormire il più vicino possibile al ristorante. Il basso Piemonte non è turistico e l’offerta non elevata. Prenotiamo praticamente a caso affidandoci ai soliti canali internet… purtroppo se non si conosce la zona è quasi inevitabile. Ci troviamo ad alloggiare in una piccola frazione (quanto è difficile la toponomastica qui) vicino a Mondovì. Tra scetticismo e poca speranza facciamo il check-in. Sappiamo solo che saremo a casa di qualcuno che abita lì e affitta la sua dimora agli ospiti. Siamo gli unici avventori, quindi lo spazio è tutto per noi. Ci accolgono dicendo che «non sarà perfetto» ma loro celebrano l’imperfezione in quanto unicità. Io sono già innamorata. Niente tv, profumo di timo, un salottino dove poter mettere un disco in vinile: che pace. Mi addormento tra le lenzuola ricamate e i suoni della campagna. Al risveglio una sontuosa colazione preparata solo per noi. Che bello… esiste ancora un fascino rurale e reale.

arifer.77@libero.it

LUI

È parecchio che li dobbiamo vedere, siamo stati pure loro testimoni di nozze; certo, non abitano dietro l’angolo ma questo fine settimana siamo liberi. Onnivoro per biologia (ho i canini piccoli, mentre gli erbivori non ce li hanno e quelli dei carnivori esclusivi sono ben più sviluppati) e per fede (non ci sono tabù alimentari nel Cristianesimo) e curioso per natura, non mi preoccupa l’idea di vederci per cena in uno dei loro ristoranti preferiti, anche se ovviamente non tutto mi piace allo stesso modo e c’è pure qualcosa che detesto, ad esempio la carne lessa (che da piccolo mi faceva impressione). Però la destinazione è il basso Piemonte, più precisamente il Monregalese ossia la zona per me sconosciuta di Mondovì, e scopro che ci faranno fare l’esperienza del suo piatto bandiera di cui sono ghiotti (Arianna pure): sua maestà il bollito misto alla piemontese, preparato con i sette tagli del Bue Grasso di Carrù (scaramella, punta, cappello da prete… aiuto), i sette ammennicoli (gallina, testina, coda… ahi) e le sette salse (aiutatemi almeno voi). Cerco di stare calmo, bevo un bicchiere di Dolcetto per darmi coraggio, ricordo il primo tuffo dal trampolino quando ero bambino e poi mi butto. Inizio con la coda: un’esplosione di sapore in bocca, morbidezza e succulenza; proseguo con i tagli, uno più strepitoso dell’altro; ora la gallina, saporitissima… ho scordato salse e Dolcetto e me lo sono goduto così com’è uscito dal carrello. Sorrido felice: mi sono riconciliato con il lesso.

andrea.rovati.broni@gmail.com

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