«Cara D., welcome!»

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Di Davide Bianchi

La settimana scorsa abbiamo avuto un altro inserimento nel nostro variegato gruppo classe. La cosa era nell’aria quando il personale amministrativo mi ha comunicato che probabilmente sarebbe arrivata una nuova alunna e che l’avrebbero inserita in organico perché la bambina non parla italiano, ma esclusivamente inglese. Confesso che la notizia è stata accolta da me con grande entusiasmo: erano anni che desideravo misurarmi con una sfida pedagogica e linguistica di questo calibro e, dopo l’arrivo di L. dallo Sri Lanka, il cui livello di inglese è davvero molto buono, l’ingresso in classe della nuova alunna D., questa è l’iniziale del suo nome, è stata la “ciliegina sulla torta”. Ma c’è un filo rosso che intreccia la storia di queste due bambine nel contesto della classe nella quale lavoro: è il fatto che queste sono cugine, entrambe quindi provenienti dallo stesso Paese, con l’unica differenza che, mentre L. parla già un buon italiano, D. conosce poche parole e ricorre esclusivamente all’inglese. Luisa, la mia collega che insegna italiano, dovrà sicuramente avviare un lavoro piuttosto calibrato su di lei, oltre che inserirla in un percorso di alfabetizzazione erogato da specialisti e colleghe che consenta a D. di acquisire le prime strutture di base della nostra lingua. Ma come è facile immaginare, D. imparerà l’italiano dai suoi compagni, giocando, interagendo e parlando con loro; e riuscirà a farlo più che durante le ore di lezione, proprio in quelle fasi in cui la presenza dell’adulto e dell’insegnante resta sullo sfondo e in primo piano non vi è altro che la naturale e spontanea vita di relazioni tra pari: l’intervallo, la pausa dopo mensa, le ore di gioco, il momento del pranzo in mensa, le feste di compleanno, etc. Sono questi gli spazi nei quali D. avrà accesso in maniera fluida e autentica alla nostra lingua, stando con compagni e amici, facendo cose con loro, relazionandosi a loro nell’economia di attività ed esperienze condivise e pienamente vissute. Per quanto riguarda l’aspetto della lingua inglese, non potevo chiedere altro: la presenza di D., con i suoi occhi furbi e i lisci capelli neri avvolti in una lunghissima treccia, consolida e demarca ulteriormente, con rinnovata forza, i confini linguistici del nostro progetto didattico, ci aiuterà a usare e monitorare la lingua inglese nel quadro delle attività logico-matematiche e arricchirà ancora di più il nostro lessico aprendoci a nuovi spazi di senso.

biadav@libero.it

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