Dignità surrogata

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Di Ennio Chiodi

«È stupefacente, e contrario ai diritti della persona e al rispetto del suo corpo, il fatto che si osi trattare una donna come un mezzo di produzione di bambini.» Sono parole di Sylviane Agacinski, accademica di Francia, filosofa e ricercatrice, nota per le sue posizioni femministe e progressiste. Come dire: essere contrari alla “Gap”, alla “Gestazione Per Altri”, altrimenti conosciuta come “utero in affitto”, non è prerogativa di personaggi oscurantisti e retrivi, contrari al progresso, alla scienza e al pieno riconoscimento dei diritti della donna. Il tema – delicatissimo come tutta la materia della fecondazione assistita – torna di rovente attualità nel dibattito politico e culturale, dopo l’approvazione definitiva della legge che introduce nella giurisprudenza italiana il concetto di “reato universale” di maternità surrogata. Chi vi faccia ricorso, insomma, può essere condannato fino a due anni di reclusione anche quando il reato venga consumato all’estero, nei Paesi dove questi interventi sono con sentiti. Sulla applicabilità e sulla validità giuridica della norma – più ideologica e spettacolare che concreta, come accade spesso di questi tempi– prevediamo interventi di costituzionalisti e magistrati che ci accompagneranno a lungo. Non potrà interessare gli stranieri che giungano in Italia con figli nati da maternità surrogata e tanto meno i diritti naturali e civili dei bambini. Si invoca d’altra parte il pieno diritto della donna a fare del proprio corpo ciò che si vuole, dimenticando che quasi sempre questa “scelta” è dettata dalla necessità o da imposizioni esterne che poco hanno a che fare con la dignità e la libertà della persona. Esistono situazioni, per altro rarissime, in cui la maternità surrogata è “solidale” e quindi gratuita, frutto di pienezza d’amore e generosità. Così non è nella stragrande maggioranza dei casi. Ancora Agacinski, che parla di ventri affittati: «L’uso delle donne come madri surrogate poggia su relazioni economiche sempre diseguali: i clienti che appartengono alle classi sociali più agiate e ai Paesi più ricchi comprano i servizi delle persone più povere su un mercato neocolonialista.» Alla base ci sono precisi e onerosi contratti, prezzi concordati all’origine, interessi giganteschi delle strutture che garantiscano l’assistenza sanitaria. Sono servizi remunerati dove l’oggetto della trattativa è un bambino trattato come prodotto finale. La pensano così anche diversi esponenti della Sinistra “progressista” come Anna Finocchiaro – ex Pci e già ministro nei governi Prodi e Gentiloni – che invita a una profonda riflessione sull’umano e denuncia un fitto business e una filiera orientata al profitto che smonta le ciarle sulla maternità surrogata come atto d’amore.

enniochiodi@gmail.com

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