«Qui sono io straniera e diversa»

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La testimonianza. Una giovane di Voghera racconta alla nostra Caritas diocesana la sua esperienza in Etiopia dove sta svolgendo il servizio civile universale

Claudia Odone è una volontaria vogherese di 24 anni che sta svolgendo il servizio civile universale in Etiopia con la Caritas di Udine. Ritornata a casa per qualche giorno all’inizio di ottobre, ha raccontato ad Alessia Cacocciola, della nostra Caritas diocesana, la sua esperienza vissuta da giugno a settembre nel Paese africano, dove ora si trova di nuovo per terminare il previsto periodo annuale di permanenza. Tra qualche settimana incontrerà anche un gruppo di italiani in arrivo dall’Oltrepò, formato da alcuni volontari e da Elena Passadori presidente di “Chicco per Emdibir”, associazione che ha sede a Broni e che da tempo sostiene progetti rurali in Etiopia.

DI CLAUDIA ODONE

L’11 giugno sono atterrata nella capitale dell’Etiopia, Addis Ababa (in amarico si dice così!), assieme alla mia compagna di viaggio Girumnesh.

Abbiamo fatto un lungo viaggio per raggiungere Emdibir, un piccolo villaggio a Sud Ovest della capitale, nella regione del Gurage, in cui stiamo svolgendo il nostro servizio civile universale. Durante questo viaggio, abbiamo potuto osservare i panorami e i diversi villaggi, cercando di immaginarci come sarebbe stato il nostro arrivo e la nostra esperienza.

Ciò che più ci ha colpito è stata la grande quantità di animali che circola liberamente per le strade e la naturalezza con cui questa presenza è vissuta, ma anche la confusione per le vie, dovuta alla grande quantità di Bajaj (tipico mezzo di trasporto nel Paese).

Arrivate a destinazione, l’accoglienza è stata calorosa e affettuosa da parte sia dei nostri colleghi, sia di coloro che vivono con noi. Un’altra caratteristica particolare dell’Etiopia, che mi ha colpito molto, è che è un Paese ricco di paesaggi naturali, dipinti di verde, in particolare nella zona in cui viviamo, il Gurage.

Durante la stagione delle piogge, che sta per terminare, i fiumi sono molto rigogliosi e prendono il colore rosso della terra, rendendo il tutto molto artistico.

Ma he cosa facciamo a Emdibir? Il programma del nostro servizio civile universale presso l’EmCS (Emdibir Catholic Secretariat, che sarebbe l’equivalente di Caritas) prevede la nostra partecipazione in particolar modo nel dipartimento agricolo e in quello educativo, e nel sostegno in alcune attività burocratiche dell’EmCS. Questi primi mesi li abbiamo dedicati perlopiù all’osservazione e alla comprensione dei metodi lavorativi dei nostri colleghi e alla conoscenza con essi.

Ciò che abbiamo notato è stata la differenza tra il loro modo di vedere e vivere il lavoro rispetto al nostro: con molta meno frenesia, ansia e fretta! Nello specifico, per quanto riguarda il settore agricolo, abbiamo avuto la possibilità di visitare alcuni dei villaggi sostenuti dai diversi progetti dell’EmCS: i villaggi di Yerezeb e Dakuna, in cui abbiamo preso parte all’attività mensile di saving&credits con le donne coinvolte; durante questi incontri, le partecipanti si scambiano le proprie testimonianze riguardo l’utilizzo dei fondi risparmiati (acquisto di patate, sementi, capre, galline, ecc.).

Lo scopo delle attività è quello di rendere le famiglie autonome e in grado di autosostenersi, e di conseguenza di utilizzare questi risparmi in educazione e salute. È stato molto interessante e mi ha colpito molto osservare il ruolo della donna durante queste attività, fondamentale per il sostentamento economico della famiglia.

Presso il villaggio Adoshe, invece, abbiamo potuto partecipare all’incontro e scambio di conoscenze tra gli abitanti e i beneficiari di Galye Rogda, chiamati “Gumuz”. L’obiettivo di questo incontro è stato di mostrare ai Gumuz nuovi metodi per l’alimentazione infantile e per l’igiene personale. Ci siamo dedicate alla lettura e comprensione dei progetti in ambito agricolo, attivi in questo momento, per esempio il progetto “Hand to Hand” finanziato dalla regione Friuli-Venezia Giulia.

Per quanto riguarda il dipartimento educativo, le scuole riapriranno proprio in questo periodo, con la fine delle vacanze estive. Per ora abbiamo partecipato a qualche evento di fine anno scolastico e visitato alcuni asili e scuole elementari nella Diocesi di Emdibir. Con l’inizio delle scuole, lavoreremo principalmente presso uno studentato femminile, e attualmente stiamo programmando e organizzando le attività che svolgeremo con le studentesse (lezioni di inglese, aiuto studio, attività ricreative come teatro, cineforum, musica, sport).

Infine, ci stiamo occupando dell’aiuto e del sostegno all’EmCS. Per esempio, la creazione di un codice di archiviazione dei vari documenti e la loro sistemazione.

Per concludere, questi primi mesi in Etiopia li abbiamo sfruttati soprattutto per ambientarci, conoscere una nuova cultura e un nuovo modo di vivere. Tra le altre cose, ho notato che le persone si affidano completamente alla religione, qualsiasi essa sia, probabilmente da loro considerata come unica via di salvezza.

È impossibile non sentire i vari cori e canti religiosi, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Le festività sono molto frequenti e molto sentite, un’occasione per riunirsi in famiglia e festeggiare.

Per me è stata, ed è ancora adesso, una bella sfida essere considerata come quella “diversa” da tutti nel villaggio, (comprensibilmente) etichettata come straniera e bianca, ricca e privilegiata. Nonostante ciò, comunque, mi ha fatto piacere la facilità con cui si instaurano rapporti e amicizie, e come tutti ti facciano sentire parte della famiglia, anche semplicemente condividendo un pranzo insieme.

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